Il voto per i 16enni? Più di una suggestione, Letta invoca «una riforma costituzionale»

«È un modo di dire ai giovani che li prendiamo sul serio», dice il direttore del SciencesPo. E sulla scissione di Renzi: «Ha sbagliato modi e tempi»

Un tentativo di avvicinare i giovani alla politica: è la priorità di Enrico Letta, direttore della prestigiosa scuola SciencesPo di Parigi e, adesso, di nuovo tesserato nel Partito democratico. «Il mio lavoro sono i ragazzi – dice, intervistato da la Repubblica -, è a loro che bisogna pensare». E lancia l’idea di «una riforma costituzionale da fare in un anno: al voto i sedicenni».


Sulla scia di Greta

«Con questa maggioranza si può fare», sostiene Letta. Una proposta che riprende l’idea avanzata in passato da Beppe Grillo. «L’avevo avanza già due anni fa. Adesso è diventata urgente – dice, smarcandosi dalla possibile emulazione del fondatore del Movimento 5 stelle -. È un modo per dire a quei giovani che abbiamo fotografato nelle piazze, lodando i loro slogan e il loro entusiasmo: vi prendiamo sul serio e riconosciamo che esiste un problema di sottorappresentazione delle vostre idee, dei vostri interessi».


Questione migranti

«È il modello di integrazione positiva a cui dobbiamo tendere. L’opposto dei tagli ai corsi di italiano per immigrati che sono stati una delle caratteristiche del salvinismo». Ma, per Letta, non esistono soluzioni facili sull’argomento: «Lamorgese ha cominciato col piede giusto. Il vertice di Malta è un passo avanti importante, ma non è la soluzione finale». «Sull’immigrazione – aggiunge l’ex premier -, non ci si può nascondere, servono risposte strutturali. E occorre un trattato – che ho proposto si faccia a Lampedusa – con i Paesi volenterosi, lasciando fuori quelli di Visegrad, e applicando regole chiarissime: voto a maggioranza e automatismi in tutte le scelte, a partire dalla redistribuzione».

Legge elettorale e taglio parlamentari

Un nodo da sciogliere per la coesistenza di Pd e M5s nello stesso esecutivo è quello del taglio dei parlamentari: «Penso che la riduzione sia una cosa positiva – afferma Letta, consigliando al suo partito – di viverla con maggiore serenità». Una riforma che, però, andrebbe fatta di pari passo con una nuova legge elettorale. «Una legge che dia diritto di tribuna alle minoranze. Non un maggioritario all’inglese o alla francese. Quella giusta è il Mattarellum, i collegi con una quota proporzionale. Aggiungerei la sfiducia costruttiva: un governo casca perché ce n’è un altro pronto, sennò si va al voto. E secondo me le legislature dovrebbero essere più brevi, di tre, quattro anni».

Fiducia in Renzi e Conte

Dopo aver riconosciuto la carica innovativa dei 5 Stelle – «ma non credo in una fusione col Pd» – Letta si sofferma sullo strappo di Matteo Renzi. «Penso sia stato un errore per il modo e per i tempi, oltre che per la sostanza. Il Pd ha fatto un’operazione enorme costruendo il governo Conte II, aveva suscitato ammirazione in Europa, ma quella mossa ha fatto sì che pensassero: “Sono sempre gli stessi”». Ad ogni modo Letta non intravede rischi per la tenuta del governo: «È una piccola mina messa sotto l’esecutivo, ma non penso abbia interesse a farlo cadere».

Stesso giudizio per Giuseppe Conte: «Mi fido del fatto che fare bene con questo governo è nel suo interesse, non ha un terzo tempo da giocare. E forse l’anno trascorso gli è valso come apprendistato. Ha capito che Salvini stava portando il Paese a sbattere. Adesso bisogna accelerare sul green new deal, coniugarlo con la lotta alle diseguaglianze». L’intervista si chiude con una richiesta forte a due membri chiave dell’esecutivo: «A Conte e Di Maio do un consiglio: domani arriva il segretario di Stato americano Mike Pompeo. Si facciano sentire. Lo schiaffo di Trump sui dazi al nostro agroalimentare è gravissimo e merita una risposta adeguata».

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