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Calcio, confermato Daspo europeo per 24 ultrà del Milan. Il Tar: «Pericolo per l’ordine pubblico»

14 Ottobre 2019 - 18:45 Redazione
Il Tar del capoluogo lombardo ha respinto il ricorso presentato dai tifosi

Il Tar di Milano ha bocciato il ricorso di alcuni ultrà rossoneri che chiedevano il ritiro del daspo di un anno, inflitto in occasione della partita di campionato Milan-Udinese del 19 ottobre 2013. Durante il match, al 10′ della ripresa, una ventina di ultrà milanisti con il volto coperto, appartenenti al gruppo “Curva sud”, si erano allontanati dal proprio settore con l’intento di uscire dal cancello 9 “per cercare lo scontro con un gruppo di circa venti ultrà friulani», rimasti nei pressi del parcheggio ospiti. Secondo i giudici amministrativi «solo il tempestivo intervento della forza pubblica» aveva scongiurato «lo scontro tra le due tifoserie».

Daspo di un anno in tutta Europa

Qualche mese dopo i fatti il questore di Milano aveva adottato il daspo per 24 ultrà. In pratica ai soggetti individuati era stato imposto «il divieto di accedere a tutti gli impianti sportivi del territorio nazionale e degli altri Stati membri dell’Unione europea per il periodo di un anno», nonché «il divieto di accesso nella città di Milano, tre ore prima dell’inzio, durante, e tre ore dopo il termine degli incontri», oltreché nelle zone «adiacenti lo stadio Meazza». L’identificazione dei destinatari del daspo era avvenuta con il supporto di telecamere interne allo stadio.

La tesi della difesa: «Eccesso di potere»

I ricorrenti lamentavano la «violazione di legge ed eccesso di potere», evidenziando «l’irrilevanza penale delle condotte tenute». La difesa, infatti, sosteneva che gli ultrà rossoneri si erano avvicinati al cancello 9 per «riporre le bandiere e gli striscioni occorrenti per le coreografia». Una tesi che, però, i giudici hanno ritenuto «priva di qualunque riscontro probatorio». Il divieto è teso «a reprimere tutte quelle condotte che, in occasione dello svolgimento delle manifestazioni sportive, non soltanto ledono ma anche espongono a pericolo l’ordine pubblico e la sicurezza».

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