La generazione Z legge ma non condivide: ha imparato dagli errori dei Millennial

Della sovra-pubblicazione della prima generazione di Facebook rimarrà traccia per sempre e i ventenni lo sanno

Ancora attaccati a cosa succede vicino a loro, i giovani della generazione Z leggono le notizie ma non le condividono, accedono agli articoli tramite Facebook e non tramite le homepage dei giornali. L’indagine condotta nel mese di luglio 2019 da Comscore, mostra come chi ha meno di 22 anni, rispetto ai Millennial (23-38 anni) e alla generazione X (35-54 anni), accede alle notizie molto più tramite i social network e molto meno in mondo attivo e intenzionale.


Per gli autori dello studio, «gli appartenenti alla Generazione Z, essendo molto giovani, stanno sicuramente ancora formando le loro preferenze e non si sono per il momento “affezionati” ad alcune pubblicazioni piuttosto che ad altre. In più, la Generazione Z è nata in un’epoca frammentata, quindi sono cresciuti con una più grande possibilità di scelta rispetto alle altre generazioni».


Nonostante i social network siano la loro principale porta di accesso alle news, la propensione a condividere contenuti sembra essere in calo: la Generazione Z pubblica sulla sua home meno articoli della precedente, e ne discute anche meno con gli amici.

L’interpretazione che ne dà Comscore è che i ragazzi della Generazione Z siano più prudenti perché sanno che potranno essere giudicati tramite il contenuto che pubblicano. Questa circospezione rispetto alla condivisione di notizie nasce dall’aver assistito agli errori dei Millennial: della loro sovra-pubblicazione rimarrà traccia per sempre, e i ventenni di oggi lo sanno.

Il consiglio che Comscore dà agli editori di siti e giornali è quindi di creare lo spazio per la discussione e la condivisione di notizie offline.

Oltre a condividere meno, i ventenni leggono però anche meno. Il tempo che passano a leggere i giornali è meno della metà di quello che la Generazione X dedicava a informarsi.

Tra gli altri elementi rivelati dal sondaggio c’è un forte successo delle app come vettore di fidelizzazione del lettore nei confronti della testata e il fatto che sia ancora poco diffusa la convinzione che valga la pena pagare per accedere all’informazione. I due elementi che determinano una propensione a pagare per le notizie sono l’utilità e l’esclusività dei contenuti. Ma anche che continua a interessarci quello che succede nella nostra strettissima prossimità: non importa quanto lontano Facebook possa permetterci di andare, la legge di McLurg vale anche per la generazione Z.

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