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Siria, ultime ore prima della fine della tregua con i curdi. Pompeo avverte Erdogan: «Usa pronti a intervento militare su Ankara»

22 Ottobre 2019 - 11:35 Giada Ferraglioni
Mancano poche ore al finire del cessate il fuoco tra Ankara e le popolazioni curde del nord-est siriano

Il cessate il fuoco tra Turchia e milizie curde scadrà stasera, 22 ottobre, alle 21 (ora italiana). Ora, prima delle prossime mosse, la Turchia attende l’incontro con Vladimir Putin, vera forza d’influenza nell’area dopo il ritiro degli Stati Uniti. Recep Tayyip Erdoğan incontrerà il presidente russo oggi stesso a Sochi. La tregua di 5 giorni era stata concordata tra Ankara e Stati Uniti lo scorso 17 ottobre, dopo il colloquio tra Erdoğan e il vicepresidente americano Pence. L’accordo consentiva alle popolazioni curde di lasciare il territorio nel giro di 120 ore per consegnarlo nelle mani della Turchia. L’intesa costituiva in definitiva una resa dei combattenti Ypg e la fine del progetto politico autonomo nel Rojava – a seguito anche dell’entrata in campo delle truppe di Damasco. Da subito, però, la Turchia aveva violato gli accordi bombardando le zone del nord-Est siriano. Al momento il presidente turco Eerdoğan ha fatto sapere di aver preso possesso di 1.500 km quadrati del Nord-Est della Siria, meno della metà dell’area area destinata a diventare una “safe zone” per i rifugiati, realmente pensata per allontanare le popolazioni curde e le milizie dello Ypg (che Eerdoğan considera in contatto con il Pkk) dal confine turco. La portavoce del Ministero della Difesa turco, Nadide Sebnem Aktop, ha dichiarato che a partire dal minuto dopo la fine della tregua tutti i miliziani «rimasti nella “safe zone” saranno neutralizzati (termine che ne indica l’uccisione, ndR)».

La “safe zone”

ANSA | Le ambulanze trasportano civili e miliziani delle Forze democratiche siriane, feriti durante l’offensiva turca

Il primo step della presa dei territori prevede il controllo di un’area di 120 chilometri, estesa dalla città di Tel Abyad (a ovest) fino alla città di Ras al Ayn (est), dove è arrivato un convoglio di miliziani dell’Esercito libero siriano (alleato turco) a prendere il posto delle milizie curde Ypg, costrette ad abbandonato la città. Un secondo convoglio ha invece raggiunto la provincia di Nusaybin, città turca al confine con la curdo-siriana Qamishli, dove è al momento presente l’esercito di Damasco. In un secondo momento, l’intento di Ankara è quello di estendere il proprio controllo su un’area estesa complessivamente per 444 km per una profondità di 32 km. Durante l’operazione militare sono morte decine di civili e quasi un migliaio di miliziani. Le organizzazioni umanitarie come la Mezzaluna Rossa e Un ponte per, che hanno in parte dovuto abbandonare l’area per crescenti pericoli di sopravvivenza per poi ritornare a evacuare la zona, hanno denunciato il possibile utilizzo di armi chimiche da parte di Ankara.

Pompeo: «Pronti a eventuale azione militare contro Ankara»

ANSA | Membri della comunità curda francese hanno protestato a Parigi contro l’invasione della Turchia nel Rojava, 19 ottobre 2019

Mentre gli Stati Uniti continuano il ritiro dei 1000 militari dalle aree curdo-siriane, e il loro probabile ricollocamento in Iraq, il segretario Usa Pompeo ha avvertito la Turchia che il presidente Donald Trump è «del tutto pronto a un’azione militare contro la Turchia, se necessaria». «Preferiamo la pace alla guerra», ha detto ancora Pompeo, che ha specificato di voler usare principalmente la loro «forza economica» e i loro «mezzi diplomatici». «Di fronte a eventuali esagerazioni turche», ha aggiunto il segretario di Stato, «la nostra preferenza va a questi strumenti». Al momento, l’unico interlocutore di Ankara sembra essere Mosca: «Speriamo davvero che l’interazione con i nostri colleghi turchi e americani ci consentirà di aumentare il livello di sicurezza e stabilità in questa regione», ha detto il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu parlando durante la sua visita in Cina, e lanciando al tempo stesso un allarme sulla «migrazione di ritorno» dei foreign fighter dell’Isis detenuti nelle prigioni curde prima degli attacchi di Ankara.

Intanto il presidente turco, durante un comizio a Istanbul, ha criticato Stati Uniti e Unione Europea, intenta ostacolare l’operato di Ankara in Siria: «Riuscite a crederci? – ha detto – Tutto l’Occidente si è schierato dalla parte dei terroristi (termine con cui Eerdoğan definisce le milizie curde, ndR), ci attaccano tutti insieme. Tra loro ci sono i paesi della Nato e i paesi dell’Unione Europea. Tutti». Il suo ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha poi rilanciato un appello all’Italia: «Alcune dichiarazioni giunte da Roma, così come l’embargo nei nostri confronti hanno creato più tristezza che per altri Paesi, perché con l’Italia siamo legati in una relazione e un’amicizia tradizionalmente forte. Queste parole e queste misure possono solo danneggiare le nostre relazioni. Il premier Conte deve compiere i passi necessari per evitare che si danneggi il legame, l’alleanza presenti e futuri».

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