Usa riconoscono il genocidio degli armeni. Erdogan: «Risoluzione senza valore»

«La risoluzione è un passo coraggioso verso il ristabilimento della giustizia storica che conforterà milioni di discendenti dei sopravvissuti al genocidio», ha detto il premier armeno Pashinyan

Il presidente turco non ci sta e rimanda al mittente il messaggio arrivato da Washington. La risoluzione approvata ieri dalla Camera dei Rappresentanti Usa che riconosce il «genocidio armeno» da parte dell’impero Ottomano durante la Prima Guerra Mondiale «non ha nessun valore» per la Turchia, ha detto Recep Tayyip Erdogan in merito alla decisione statunitense. In risposta alla presa di posizione americana la Turchia ha convocato l’ambasciatore americano ad Ankara, David Satterfireld: «Nella nostra fede il genocidio è assolutamente vietato. Consideriamo questa accusa come il più grande insulto al nostro popolo», ha aggiunto Erdogan. Dall’altra parte, Erevan ha accolto con favore la risoluzione americana. Il premier armeno, Nikol Pashinyan, ha definito storico «il voto del Congresso Usa sul riconoscimento del genocidio armeno». «La risoluzione è un passo coraggioso verso il ristabilimento della giustizia storica che conforterà milioni di discendenti dei sopravvissuti al genocidio», ha detto Pashinyan.


Le decisioni Usa

Dopo l’attacco della Siria nordoccidentale da parte della Turchia, favorita dal ritiro delle truppe americane, la Camera dei deputati Usa ha deciso – con approvazione bipartisan – di adottare delle contromisure per sanzionare il governo di Recep Tayyip Erdogan. La prima contromisura riguarda il presente del Paese: sono state approvate delle sanzioni nei confronti di politici e militari di alto rango. La seconda invece riguarda il passato e tocca uno dei nervi scoperti della Turchia, ovvero il Genocidio degli armeni iniziato durante la Prima Guerra Mondiale.


Riconosciuto il genocidio armeno

Con 405 sì su 435 voti di cui soltanto 11 contrari, la Casa dei rappresentanti americana ha riconosciuto formalmente il genocidio armeno, già riconosciuto da una trentina di paesi, tra cui l’Italia. Non si tratta di una risoluzione che ha un valore legale, ma prettamente simbolico. Nel farlo ha superato Barack Obama, il quale aveva inizialmente promesso di farlo, prima di essere eletto nel 2008. Nel 2015 Donald Trump lo aveva definito «una delle peggiori atrocità di massa del XX secolo», senza però riconoscerlo formalmente. Ma si tratta di un passo storico non soltanto visti i precedenti delle amministrazioni americane e i rapporti con la Turchia, dove la posizione del Governo è stata prevalentemente quella di negare l’uccisione di circa 1,2-1,5 milioni di armeni dal 1914 al 1923 quando la Turchia era al centro dell’Impero Ottomano. Infatti, la reazione non si è fatta attendere. Il capo della diplomazia di Ankara Mevlut Cavusoglu lo ha definito un «un passo politico insignificante indirizzato solo alla lobby armena e ai gruppi anti-Turchia». Per Ankara si tratta soltanto una decisione «ad uso interno, priva di qualunque base storica e giuridica».

Le sanzioni

Il ministero degli esteri turco ha condannato fortemente anche la risoluzione sulle sanzioni – approvata con 403 sì e 11 no (dovrà passare dal senato, dove potrebbe essere bocciata dai repubblicani ma anche in caso di una approvazione Donald Trump potrebbe accantonarla) – sottolineando che la decisione non è consona all’alleanza Nato tra i due Paesi e all’accordo sulla tregua in Siria. La bozza di legge propone di congelare gli asset di militari e politici turchi di alto grado, bloccando futuri visti per viaggiare negli Stati Uniti. Inoltre, proibisce il trasferimento di armi in Turchia nei casi in cui ci sia un rischio che armi possano essere usate in Siria. Prevede anche un’inchiesta nelle finanze di Erdogan, con sanzioni previste per Halkbank, una banca vicino al presidente.

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