Siria, Alvin è arrivato in Italia: il bambino figlio di una militante dell’Isis è atterrato a Fiumicino

La madre sarebbe morta in un’esplosione. Alvin si trovava nel campo profughi di Al Hol, nel nord-est della Siria

È tornato oggi a Fiumicino Alvin Berisha, il bimbo di 11 anni di origine albanese portato via dall’Italia nel dicembre del 2014 dalla mamma che aveva deciso unirsi all’Isis.


Il piccolo, la cui madre sarebbe morta in un’esplosione, era finito poi nel campo profughi di Al Hol, a nord est della Siria, dove è stato ritrovato. Alvin è stato trasferito con un volo di linea dell’Alitalia (AZ 827) giunto poco dopo le 7.00 all’aeroporto di Roma Fiumicino da Beirut.


L’operazione

Per accertare l’identità del bambino, la Polizia scientifica italiana ha effettuato un esame di comparazione fisionomica dando un giudizio di totale compatibilità, anche per una malformazione specifica dell’orecchio destro di Alvin, riferita dal padre.

Contemporaneamente, il 10 settembre scorso, su autorizzazione della procura della repubblica di Milano, è stata diramata in ambito Interpol una ‘yellow notice’, vale a dire una nota di rintraccio del minore, e il Gip del Tribunale di Milano ha chiesto di ascoltare in modalità protetta il bambino, una volta in Italia, sui fatti di terrorismo oggetto d’indagine.

Lo Scip, il Servizio cooperazione internazionale di polizia del ministero dell’Interno, è stato impegnato in una delicata missione, durante la quale sono stati coinvolti anche i ministeri degli Esteri italiano e albanese. 

Alvin e il padre, Afrimm Berisha, hanno la cittadinanza albanese e un regolare permesso di soggiorno italiano. Le autorità di Tirana hanno rilasciato i documenti necessari al trasporto in Italia del piccolo minore, avvenuto attraverso il Libano.

Allo stesso tempo, lo Scip ha chiesto l’intervento della Croce Rossa Internazionale, unica ad operare presso il campo Al Hol, che si è subito attivata con la Mezzaluna Rossa ed è riuscita ad identificare il bambino e a trasportarlo, grazie alle garanzie offerte per le operazioni umanitarie, dal campo profughi a Damasco e poi fino al confine della Siria con il Libano.

Al confine il bambino è stato preso in carico da un dirigente della Polizia di Stato dello Scip che, insieme alla Cri, al Ros dei Carabinieri e ad una delegazione del governo albanese, l’ha portato fino all’ambasciata italiana a Beirut dove partirà alla volta dell’Italia a bordo di un volo.

La storia

Valbona Berisha, albanese di 35 anni, il 17 dicembre 2014 sparì da Barzago, in provincia di Lecco, lasciando il marito Afrimm Berisha e portando con sé il suo terzogenito, il bimbo, ritrovato in Siria, che all’epoca aveva 6 anni.

Il giudice Guido Salvini, nell’ambito del procedimento a carico della donna per terrorismo internazionale, sequestro di persona e sottrazione di minori, coordinato dal Ros e dal capo del pool antiterrorismo milanese Alberto Nobili e dal pm Alessandro Gobbis, aveva disposto le ricerche anche alla luce della disfatta dello Stato islamico.

In Italia dal 2000, la donna era diventata nel giro di poco tempo un’ estremista islamica. Era fuggita abbandonando il marito – che ne aveva subito denunciato la scomparsa e che più volte è andato in Siria a cercare lei e il piccolo.

Stando alle indagini, la donna avrebbe avuto contatti con terroristi dell’Isis ad alti livelli e avrebbe raggiunto Al Bab, una località a una quarantina di chilometri da Aleppo, grazie all’aiuto di un foreign fighter anch’egli albanese, forse poi morto nel 2015.

Dei due, però, non si sono più avute notizie fino a quando un servizio delle Iene è tornato a fare luce sulla storia di Alvin. Il padre, infatti, aveva raggiunto il campo profughi in Siria e spiegava nel servizio di essere riuscito anche a parlare col figlio.

Stando alle indagini, poi, la donna avrebbe messo anche il figlio a disposizione della Jihad, obbligandolo a frequentare un campo di addestramento per imparare “la lotta corpo a corpo e l’uso delle armi”. Oltre all’addestramento militare, la madre avrebbe anche cambiato nome al piccolo in ‘Yusuf’ e lo avrebbe fatto anche circoncidere.

Gli appelli

Il 5 novembre si era mobilitata la Regione Lombardia che sulla facciata di Palazzo Pirelli aveva proiettato per due giorni consecutivi la scritta «Free Alvin». Una corsa disperata contro il tempo che aveva visto il padre di Alvin lanciare una petizione su Change.org con cui aveva raccolto 25mila firme.

«A causa del recente inasprimento del conflitto in Siria nordorientale è nuovamente necessario per i governi far ritornare a casa con urgenza i bambini stranieri che si trovano bloccati nell’area prima che sia troppo tardi», ha ricordato la direttrice generale dell’Unicef, Henrietta Fore.

Foto Ansa

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