Il testacoda del M5s sulla via Emilia. Dopo il voto di Rousseau tutto può succedere

di OPEN

Spaccato e disorientato, il M5s è nel pieno di una nuova crisi. E l’alleato Pd potrebbe anche avere la tentazione di staccare la spina all’alleanza

Sembrava sereno, Luigi Di Maio, quando è uscito stanotte dal ristorante romano in cui aveva partecipato insieme a tutto il governo dopo il consiglio dei ministri. Sereno o forse rassegnato. Perché il risultato della votazione online reso noto ormai quattro ore prima aveva sancito la sua sconfitta netta, ma non ancora la sua resa.


È però vero che a questo punto tutto può accadere: perché accanto a un M5s spaccato e disorientato, e con una leadership in buona parte delegittimata, c’è un alleato come il Pd che a questo punto si domanda se non valga la pena staccate la spina e andare al voto, prima di consumarsi in un’avventura di governo sempre più incerta.


Perché il Movimento senza linea può sbandare su tutto, e la vicenda del Fondo salva Stati è già lì a dimostrarlo, e così ogni giorno che passa è un giorno regalato a Salvini e alla sua propaganda. Col voto di Rousseau la sfida in Emilia-Romagna si fa tutta in salita.

Proprio uscendo dal ristorante stanotte, a chi gli chiedeva perché non era stato chiesto agli iscritti se volevano allearsi con il Pd alle Regionali emiliane, Di Maio ha risposto deciso: «Perché i parlamentari e i consiglieri di quella regione sono contrari a un’alleanza». Sentito dal Corriere della Sera il governatore Bonaccini ha già espresso tutta la sua insoddisfazione: col M5S che da alleato si trasforma di fatto in avversario, con un proprio candidato alla guida della Regione, la sfida per lui e per il Pd si fa durissima, e Salvini si frega le mani.

Anche per questo Zingaretti e i suoi si stanno davvero ponendo la domanda su cosa convenga fare. Gli ultimi sondaggi gli promettono il 20%. Vorrebbe dire poter riportare in parlamento tutti gli uscenti più un congruo numero di fedelissimi del segretario, che si presenterebbe come candidato premier contro Salvini. E oltretutto si toglierebbe alla diaspora renziana il tempo per crescere in organizzazione, reclutamento e insediamento territoriale.

Dall’altra parte il Movimento attende inquieto l’arrivo, forse oggi, a Roma di Beppe Grillo. Il Garante e fondatore sarebbe furioso sia con Di Maio che non controlla più la situazione, sia con Davide Casaleggio che ha imposto la votazione online sulle regionali combinando la frittata. Salva solo Conte, che vorrebbe front runner quando si andrà al voto. Del resto già tanti, da Bonafede a Fraccaro, allo stesso Casalino hanno abbandonato Gigino per lui.

Ma sa che sarà dura comunque. Perché il responso di Rousseau porta con sé due verità pesanti: che il 70% dei votanti si è schierato contro la linea di desistenza filo Pd, e che il 79% per cento degli iscritti non ha voluto partecipare alla consultazione. Un dato di sfiducia enorme: solo 80 giorni fa, quando si trattò di dire sì alla nuova alleanza di governo giallorossa, i votanti furono più del triplo.

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