Fioramonti: «La fuga dei cervelli è la vera crisi economica». I dati di chi se ne va e di chi arriva in Italia

I dati Istat e Ocse sui livelli di attrattività del nostro Paese

«La perdita dei nostri talenti e la mancata valorizzazione delle eccellenze generano un’emorragia costante di conoscenza e competenze preziosissime, che finisce per contribuire alla crescita di altre nazioni, più lungimiranti della nostra. È questa la vera crisi economica italiana».


Con queste parole, contenute in una lunga lettera aperta pubblicata su Facebook, l’ormai ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti ha provato a riassumere quello che secondo lui costituisce il cuore della stagnazione economica italiana.


Secondo il ministro, l’incapacità del nostro Paese di attrarre i talenti – e trattenerli – è il problema numero uno dell’Italia. Questione che andrebbe fronteggiata in primis con l’investimento nel campo dell’istruzione, e che viene invece puntualmente ignorata dai vari governi in carica.

«Non riconoscere il ruolo cruciale della formazione e della ricerca equivale a voltare la testa dall’altra parte», ha detto Fioramonti. «E nessun Paese può più permetterselo». Diamo un’occhiata agli ultimi dati pubblicati dall’Istat e dall’Ocse per capire meglio di quale fenomeno si tratta.

Chi se ne va

Nel 2018, il volume complessivo delle cancellazioni anagrafiche per l’estero è stato di 157 mila unità: un dato in aumento dell’1,2% rispetto a quanto registrato nel 2017.

Le emigrazioni che riguardano nello specifico i cittadini italiani sono il 74% del totale (116.732), e se si considera il numero dei rimpatri (iscrizioni anagrafiche dall’estero di cittadini italiani) il saldo è decisamente in negativo (pari a 46.824: ben 69.908 unità in meno).

Grafico: Istat

Oltre il 73% dei nostri concittadini che ha lasciato il Paese è over 25 (due su tre sono under 50): di questi, quasi 3 su 4 hanno un livello di istruzione medio-alto.

Secondo l’Istat, l’aumento delle emigrazioni di cittadini italiani è da attribuire «in parte alle difficoltà del nostro mercato del lavoro, soprattutto per i giovani e le donne e, presumibilmente, anche al mutato atteggiamento nei confronti del vivere in un altro Paese (proprio delle generazioni nate e cresciute in epoca di globalizzazione) che induce i giovani più qualificati a investire con maggior facilità il proprio talento nei Paesi esteri in cui sono maggiori le opportunità di carriera e di retribuzione».

Attrattività dell’Italia

Sempre secondo l’Istat, i programmi specifici messi in atto dai governi per favorire il rientro in patria delle figure professionali più qualificate, “non si rivelano del tutto sufficienti a trattenere le giovani risorse che costituiscono parte del capitale umano indispensabile alla crescita del Paese”.

Stando ai dati forniti dall’indicatore Ocse sull’attrattività dei Paesi per le persone altamente qualificate, l’Italia si posiziona al quartultimo posto mondiale, davanti solo alla Grecia, al Messico e alla Turchia. Ai primi posti ci sono invece l’Australia, la Svezia e la Svizzera.

Fonte: Ocse

I fattori che hanno spinto a valutare scarsamente il nostro Paese sono: la qualità delle opportunità offerte, la situazione su redditi e tasse, le prospettive globali future del Paese, i costi per la cura della famiglia, il sistema delle infrastrutture, l’apertura verso le diversità e le immigrazioni e la qualità della vita.

Le cose vanno meglio per quanto riguarda invece le scelte degli studenti universitari. In quel caso, l’Italia si posiziona al 18esimo posto, mentre crolla al 29esimo posto nella scelta degli imprenditori.

Grafico Ocse sugli studenti universitari

Per quanto riguarda nello specifico il Mezzogiorno, migliaia si persone di 25 anni e più con almeno la laurea sono partite nel 2018 dalle regioni del Sud. I luoghi con le perdite più consistenti sono la Sicilia e la Campania (complessivamente oltre 8,5 mila residenti qualificati in meno), seguite da Puglia (-3 mila) e Calabria (-2 mila).

Foto copertina: Banter Snaps su Unsplash

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