Quanto conta il metodo scientifico nella giustizia? Se la scienza finisce sotto processo

Se il metodo scientifico resta fuori dalle aule di tribunale si può parlare ancora di giustizia?

Diverse sentenze e provvedimenti cautelativi recenti ci ricordano quanto sia difficile svolgere una serena attività di ricerca in Italia. Ci soffermeremo solo sui casi più recenti e sconcertanti, la lista infatti è piuttosto lunga. Abbiamo letto, fino a pochi mesi fa, di sentenze che si pongono in netto contrasto con quanto assodato dalla comunità scientifica, in decenni di studi.


Esistono anche situazioni kafkiane, in cui gli stessi ricercatori finiscono indagati o sotto processo per anni, con accuse scientificamente infondate. Per arrivare a provvedimenti di difficile comprensione, che mettono in pausa ricerche importanti, in nome di abusi sulle cavie utilizzate, già smentiti da tutti gli organi competenti.


La scienza sotto processo

Non possiamo dilungarci troppo a ritroso nel tempo – perché di sentenze e provvedimenti amministrativi shock in Italia se ne contano fin dagli anni ’60, con la storia del “Siero di Bonifacio” (un misto di urina e feci di capra che avrebbe dovuto curare i tumori).

Partiamo da un caso recente: la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 14 gennaio, sui cellulari.

Cellulari cancerogeni?

Il tribunale ha respinto un ricorso contro il risarcimento a un ex operatore telefonico, il quale avrebbe contratto un tumore all’orecchio, a causa del cellulare che usava per diverse ore sul lavoro. Non importa se questo contraddice tutte le evidenze scientifiche a disposizione, né se si tratta dell’unico caso.

I maggiori esperti, autori della corposa letteratura scientifica in merito, ovviamente è molto probabile che lavorino nel settore, quindi sarebbero in “conflitto di interesse”. Il problema è che la review degli studi (pubblicati in riviste scientifiche indipendenti) non la fanno le aziende di telefonia. I dati riportati devono essere ripetibili, in modo che chiunque nel caso possa smentirli. Chi revisiona gli studi solitamente non può nemmeno sapere i nomi dei loro autori.

Pochi studi, di qualità piuttosto “controversa”, vengono invece utilizzati dai periti di parte e considerati validi. Lo stesso discorso potremmo farlo per le polemiche altrettanto infondate sulla rete 5G. Ma tutti i fisici – anche i tanti che non lavorano nel campo della telefonia – sanno bene che le onde non ionizzanti usate nelle comunicazioni non possono essere cancerogene.

Terje Sollie/Pexels | Cellulare.

La sperimentazione animale non serve? “Dimostrateci che non è vero”

Uno dei maggiori traguardi del diritto e della democrazia è l’onere della prova da parte di chi accusa, non di chi deve difendersi. La scienza funziona in modo simile: «affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie», diceva il grande divulgatore scientifico Carl Sagan.

Ragione per cui i giovani dottorandi di PhD Bioscienze Italia si sono sentiti in dovere di inviare una lettera al ministero della Salute, esprimendo sorpresa e preoccupazione, di fronte alla recente decisione del consiglio di Stato di sospendere in via cautelare il progetto LightUp.

Come abbiamo spiegato diverse volte, si tratta di una ricerca importante sui macachi, volta a studiare un tipo di cecità invalidante, che colpisce tra il 45% e il 70% dei pazienti con lesione alla corteccia cerebrale.

Il progetto è stato riconosciuto valido dai massimi organi italiani ed europei. Sul fatto che non esistano alternative alla sperimentazione animale – unita alla riconosciuta importanza della ricerca in sé – non ha dubbi nemmeno il Tar, il quale ha rigettato una precedente richiesta della Lav (Lega anti-vivisezione) di revocare l’autorizzazione:

«Le ricorrenti non forniscono la prova o un principio di prova della infondatezza della tesi – leggiamo nella sentenza – attraverso la dimostrazione di metodiche scientifiche alternative … rispetto a quelle previste dalla sperimentazione contestata, che consentano di raggiungere i medesimi risultati di ricerca applicata o traslazionale».

Macaco/ISS | Sperimentazione animale

Chi accusa non è riuscito a fornire prove solide dell’esistenza di alternative. Del resto quale ente avrebbe dovuto fornirle, visto che i migliori si erano già pronunciati a favore? Parliamo del Consiglio europeo delle ricerche (Erc), dei comitati etici, del Consiglio superiore di sanità e del ministero della Salute.

Allora perché apprendiamo di una sospensione cautelare del Consiglio di Stato? L’organo chiede al ministero della Salute di «dimostrare l’inesistenza di metodi alternativi».

«Oltre che palesemente auto-contradditoria – continuano i ragazzi di PhD Bioscienze Italia – tale richiesta ci appare preoccupante e pericolosa per la delegittimazione che, di fatto, opera nei confronti della valutazione tecnico-scientifica del Consiglio Superiore di Sanità e del Ministero della Salute.

[A loro] spetta il compito di autorizzare qualsiasi progetto che richieda la sperimentazione animale solo dopo aver accertato la fondatezza delle argomentazioni dei proponenti in merito all’inesistenza di metodologie alternative».

LA DECISIONE DEL CONSIGLIO DI STATO SU “LIGHTUP” CI SPINGE AD ANDARE VIA DALL’ITALIAApprendiamo con grande sconcerto…

Gepostet von PhD Bioscienze Italia am Samstag, 25. Januar 2020

La teiera dei giudici

Non si può dimostrare il nulla. Per rendere meglio l’idea, l’esempio della «teiera di Russell» è sempre valido. Secondo il filosofo e logico matematico Bertrand Russell, potremmo sostenere che esista una teiera, la quale ruota nello Spazio, nessuno dei nostri mezzi sarebbe abbastanza potente da vederla, ma non potremmo nemmeno negarne l’esistenza. Ragione per cui spetta a chi ci crede fornire prove della sua esistenza.

Non è una questione di poco conto, in gioco c’è anche la possibilità che ristretti gruppi – più o meno ideologizzati – possano scavalcare gli organi competenti, determinando – a colpi di sentenze e provvedimenti “cautelativi” – chi può fare ricerca e chi no, in nome di convinzioni pseudoscientifiche.

Così in gioco non finisce solo la credibilità già martoriata delle istituzioni, ma anche il futuro della ricerca in Italia, in un periodo in cui ottenere finanziamenti per delle buone idee non è proprio facile.

«Siamo un gruppo di dottorandi di ambito scientifico, all’alba della nostra carriera universitaria – continuano i giovani ricercatori – Al nostro lavoro dedichiamo tutta la nostra passione e il nostro tempo.

Vedere che un progetto valido, con alta spinta innovativa e che ha vinto un bando europeo altamente competitivo, viene bloccato per puri motivi politici ci fa perdere la speranza di poter lavorare nel nostro Paese nel futuro. Il fatto, poi, che le stesse istituzioni nazionali che dovrebbero tutelarci vengano messe in discussione non su base scientifica, ma su pura base politica ci preoccupa per il futuro dell’intera società». 

Wikipedia | La teiera di Russell

Scienziati sotto processo: tre esempi sconcertanti

In questo periodo di grande preoccupazione per l’epidemia del nuovo coronavirus, la pagina Biologi per la scienza ricorda il linciaggio mediatico che subì la virologa di fama mondiale Ilaria Capua.

Agli inizi degli anni 2000, quando era forte la paura del virus della aviaria, venne indagata assieme ad altri colleghi, con l’accusa di far parte di un gruppo di scienziati collusi con le case farmaceutiche, per vendere i vaccini contro l’aviaria.

Dieci anni di indagini che l’Espresso rese note nel 2014. La virologa, che per prima propose di rendere pubblici i dati genetici sui virus, fu così oggetto di un linciaggio mediatico. Nonostante la rivista Science facesse già notare la dubbia qualità della documentazione utilizzata nelle indagini, Capua dovrà attendere ancora il 2016 per essere prosciolta.

IL VIRUS ITALIANOIn questi giorni di grande apprensione per il Corona Virus vorremmo raccontarvi la storia di Ilaria…

Gepostet von Biologi per la Scienza am Dienstag, 28. Januar 2020

Vulcanologi e geologi senza sfera magica

Un caso eccezionale quello di Capua, ma non l’unico. Torniamo indietro di alcuni anni. Il segretario del Cicap Massimo Polidoro accenna nel suo ultimo libro Il mondo sottosopra, la curiosa vicenda dei vulcanologi della Commissione grandi rischi a L’Aquila. All’indomani del terremoto che sconvolse la città il 31 marzo 2010, i vulcanologi della commissione finirono indagati perché – di fatto – non furono in grado di prevedere il terremoto, condannati nel 2012 suscitando lo sconcerto della comunità scientifica, saranno poi assolti in appello due anni dopo.

Ma purtroppo è noto che i terremoti non si possono prevedere. Le principali accuse volte alla Commissione grandi rischi riguardavano il fatto che non avrebbero tenuto conto delle presunte “avvisaglie” tranquillizzando la popolazione. È come se qualcuno avesse rimproverato vulcanologi e geologi di non aver consultato la loro sfera magica.

Un’altra interpretazione possibile dei fatti è che non si fosse trattato semplicemente di un processo “contro la scienza”, ma contro un certo modo di comunicare il rischio, con conseguenze anche sulla serenità degli scienziati nello svolgimento dei loro compiti.

Ra Boe/Wikipedia | Terremoto a L’Aquila, 2010

Ricercatori “untori” in Puglia

Un ultimo esempio: due scienziati indagati, perché accusati di essere gli “untori” della Xylella fastidiosa, che colpì gli ulivi in Puglia nel 2015. Parliamo dei ricercatori Donato Boscia e Maria Saponari dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr di Bari.

Le accuse poi caddero, dal momento che la loro “colpa” di fatto consisteva nell’aver scoperto il primo focolaio di Xylella già nel 2013, quando c’era ancora tempo per fare qualcosa.

Se si fosse intervenuti tempestivamente, ascoltando le loro richieste, ovvero sradicare circa 800mila ulivi, i danni sarebbero stati notevolmente contenuti. Boscia e Saponari scoprirono inoltre il vettore dell’infezione: un insetto denominato “Sputacchina”.

Anche l’intervento tardivo della protezione civile venne ostacolato da chi non voleva accettare di perdere i propri ulivi, aizzato da diverse teorie del complotto e fake news che si protrassero ancora per diverso tempo, fino ad arrivare al negazionismo dello stesso patogeno.

Deblu68/Wikipedia | Ulivi secolari nel Salento, in Puglia.

Per saperne di più: