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Perché i macachi liberati dall’Istituto superiore di sanità non sono affatto una notizia

30 Dicembre 2019 - 09:36 Juanne Pili
Come una normale riabilitazione di routine di nove macachi è divenuta un "successo" degli animalisti

Come denunciato dalla pagina Facebook dell’associazione di dottorandi PhD Bioscienze Italia, sul Corriere della Sera è apparso il 27 dicembre un articolo (copia cache) che trasforma in notizia una azione di routine che non riguarda affatto una «scelta storica dell’Iss» (Istituto superiore di sanità).

Ci riferiamo al “reinserimento” di nove macachi utilizzati nella Sperimentazione animale (Sa) da parte dell’Istituto, il quale avrebbe rinunciato per la prima volta all’utilizzo di cavie.

Nell’articolo del Corriere il false balance regna sovrano. Si parla infatti di un dibattito in corso tra ricercatori sulla Sa. In realtà per gli animali la dimissione o il reinserimento è già previsto dal Dl 2014/26, che regolamenta la Sa in Italia. Se c’è stato un merito – come vedremo – è soprattutto dei ricercatori, non soltanto delle associazioni animaliste.

https://www.facebook.com/phdbioscienzeitalia/photos/a.107863464061518/107863387394859/?type=3&theater

Come un fatto banale decontestualizzato può diventare una notizia

Forse l’equivoco che ha trasformato una procedura di routine in notizia sta nel trascurare o ignorare cosa significa fare ricerca scientifica, specialmente in Italia, dove esistono già leggi molto restrittive sulla Sa, più che nel resto dell’Unione europea, come spiegano a Open i ragazzi di PhD Bioscienze Italia:

«Il nostro è un lavoro a tutti gli effetti. Come tutti i lavori, è incardinato all’interno delle leggi Italiane ed Europee, come ad esempio il Dl 4 marzo 2014, n. 26. In particolare, l’articolo 19 prevede il reinserimento degli animali utilizzati a scopo scientifico quando il progetto, a cui sono ascritti, è scaduto e non è più attivo».

Nell’articolo si citano anche alcune affermazioni di Rodolfo Lorenzini, presidente del Centro nazionale di sperimentazione e benessere animale, il quale sostiene che «da oggi possiamo dichiararci scienziati protezionisti. Riflettiamo sull’utilizzo di una specie a noi così vicina».

«Siamo stupiti anche dalle parole del Dottor Lorenzini – continuano i dottorandi – che più di tutti dovrebbe comprendere l’impegno, la dedizione, la passione che noi ricercatori mettiamo nel descrivere un progetto scientifico e a fornire tutta la documentazione richiesta proprio dagli organi nazionali.

Non comprendiamo la definizione di “scienziati protezionisti”: cosa vuol dire? Qual è il collegamento tra “protezionismo” e la scienza? Chi o cosa si “protegge” da oggi in poi, che ieri non si “proteggeva”? Come si sposa la libertà scientifica con questo non ben definito “protezionismo”?

Il reinserimento degli animali di laboratorio nell’habitat naturale è già previsto e documentato nei progetti approvati dall’Iss e dal Consiglio superiore di sanità, avviene costantemente anche per altre tipologie di animali utilizzati in laboratorio».

Cosa c’entra il progetto LightUP?

La stessa legge riguarda il progetto LightUP. Ma i nove macachi a cui fa riferimento l’articolo non preannunciano una sottrazione di quelli utilizzati a Torino e Parma dai ricercatori, mentre il Tar ha già emesso una sentenza in cui riconosce che la Lav (Lega AntiVivisezione) non ne ha dimostrato l’irregolarità; diamo così un po’ di contesto alla frase conclusiva dell’articolo:

«Secondo il presidente della Lega, Gianluca Felicetti, “l’autorizzazione è irregolare. Abbiamo chiesto la sospensiva al Consiglio di Stato dopo il no del Tar”».

Proprio la Lav e le sue iniziative contro la Sa sembrano essere la principale fonte di ispirazione del Corriere. Infatti, come spiega molto bene il collega Michelangelo Coltelli (Butac), siamo di fronte a un altro caso di disinformazione (come quello che abbiamo visto recentemente da parte del Tg2), fatto in una maniera che sembra più in stile «editorialista della LAV – continua Coltelli – Dare a intendere che la cosa sia una novità … è disinformare».

Nel caso del progetto LightUP i macachi studiati riguardano una importante ricerca su problemi di cecità (blindsight), di cui sono colpiti il 70% circa dei pazienti con lesione alla corteccia visiva, dovuti anche a danni vascolari, tumorali o chirurgici.

Il progetto e l’utilizzo dei macachi è stato riconosciuto da tutte le istituzioni europee e italiane competenti. Nonostante tutto i ricercatori oggi sono oggetto di minacce, due sotto scorta, proprio a seguito della disinformazione che continua a essere operata nei loro confronti. 

La disinformazione sulla Sa nei media

Sulla disinformazione da parte dei media riguardo alla Sa si sono pronunciate anche le Università di Torino e Parma, in difesa dei loro ricercatori, rispondendo a una lettera del presidente di Patto trasversale per la scienza (Pts) Pier Luigi Lopalco:

«A livello mediatico spesso è complesso veicolare tematiche di carattere scientifico per il fenomeno del cosiddetto false balance – continua Pts – ovvero raffrontare esperti e non, mettendo sullo stesso piano informazioni corrette e sbagliate, a causa della richiesta di contraddittorio da parte di chi non ha qualifiche.

Le cose peggiorano quando i mass media veicolano solo la propaganda di chi ha idee opposte alla comunità scientifica, in particolare ove il consenso in verità è particolarmente coeso, come del caso dell’importanza della sperimentazione animale. In tal modo si accresce il gap tra la comunità scientifica e il cittadino».

Marco Delli Zotti di Pro-Test Italia racconta a Open il suo sconcerto di fronte alla presunta notizia dei nove macachi liberati.

«Semplicemente la sperimentazione per cui questi macachi erano utilizzati è terminata – spiega Delli Zotti – quando questo succede gli animali devono essere reinseriti. I centri di ricerca possono quindi donare gli animali a degli enti animalisti che si occupano della loro riabilitazione.

Fa tutto parte di iniziative di welfare nate dai ricercatori stessi, che per primi si sono posti il problema dell’uso del modello animale e delle sue conseguenze. Anche i ratti utilizzati per esempio negli studi comportamentali, vengono avviati dopo i test in questo percorso».

Aggiornamento: la replica di Research4life sul Corriere della Sera

Stamane il Corriere ha pubblicato la replica del Segretario generale di Research4life Giuliano Grignaschi:

«Caro direttore, contesto l’articolo “Sanità, la scelta storica: liberati nove macachi. Tutela per gli animali” (Corriere, 27 dicembre), dove una normale prassi alla fine di una ricerca viene presentata come un avvenimento storico.

Il caso viene presentato come una vittoria del movimento animalista, mettendo in relazione questa liberazione con la sperimentazione dell’Università di Torino, dando voce alla versione della Lav».

Segue una ricostruzione dei fatti in linea con quanto spiegato nel nostro articolo. Infine, il Segretario generale di Research4life ricorda la petizione promossa dalla sua associazione «Salviamo la ricerca biomedica», la quale ha già raccolto oltre ventiduemila firme da parte di ricercatori, medici, studenti e premi Nobel.

«Tutti preoccupati dalla deriva antiscientifica che l’Italia sta prendendo – conclude Grignaschi – che costringe molti ad emigrare all’estero ed altri a cambiare professione. C’è quindi poco da gioire, considerando che la fine della sperimentazione animale presso l’Iss significa altra ricerca che lascia l’Italia».

La replica di Giuliano Grignaschi (Research4life) sul Corriere della Sera del 30 dicembre 2019.

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