Giovani, i sindacati stanno negoziando con il Governo le vostre pensioni
«Ho voluto partire dai giovani, e ringrazio le parti sociali per aver condiviso appieno questa mia decisione, perché è arrivato il momento di intervenire per permettere loro di avere un domani una pensione dignitosa». Così Nunzia Catalfo, ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, ha commentato su Facebook al termine del tavolo sulla riforma del sistema pensionistico con i sindacati Cgil, Cisl e Uil.
Si tratta del primo di cinque tavoli convocati con i sindacati sulla riforma delle pensioni. Una riforma che interessa, comprensibilmente, poco i giovani (secondo l’ultimo sondaggio dell’Eurobarometro solo il 2% degli italiani con meno di 25 anni dice di interessarsi al tema in generale), visto che si tratta di un futuro remoto che assomiglia di più a un miraggio per i molti alle prese con la disoccupazione e l’insicurezza sul lavoro.
Ma proprio da qui scaturisce l’importanza dell’apertura del Governo alla proposta dei sindacati di costruire una pensione contributiva di garanzia per i giovani con carriere discontinue e precarie.
Oggi al @MinLavoro abbiamo avviato il primo dei cinque tavoli di confronto coi sindacati sulla riforma delle pensioni. Ho voluto partire dai giovani perché è giunto il momento di intervenire per permettere loro di avere un domani una pensione dignitosa ▶️ https://t.co/c2J3ECPjBW pic.twitter.com/W06kbJ17XN
— Nunzia Catalfo (@CatalfoNunzia) February 3, 2020
La riforma
L’obiettivo è semplice ma fondamentale: arrivare entro alla prossima Manovra economica ad una pensione di garanzia per tutti coloro che sono entrati nel mondo del lavoro dopo il ’96 e che si troveranno a rientrare nel sistema totalmente contributivo. Come ha ricordato Catalfo: «i dati parlano chiaro: il Censis ha stimato che fra trent’anni in 5,7 milioni rischiano di ritrovarsi con assegni sotto la soglia di povertà».
Si parla di una soglia minima a 780 euro di assegno pensionistico. Ci troviamo nelle vicinanze della soglia di povertà: gli ultimi dati Istat parlano di una soglia di povertà pari a 834,66 euro mensili per i ridenti di un’area metropolitana del Nord e di 563,77 euro per un piccolo comune del Mezzogiorno.
Per il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, la soglia minima «deve crescere in funzione degli anni lavorati e deve essere ovviamente rivalutato», anche per “tappare i buchi” tra un lavoro e l’altro oltre agli «sforzi attivi di formazione e riqualificazione, le fasi di bassa retribuzione, l’impegno per il lavoro di cura rivolto alle famiglie e verso le persone non autosufficienti».
La tempistica
L’obiettivo appunto è riuscire a trovare un accordo entro la fine dell’anno, prima della prossima manovra. Ma, commenta il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, «dipende dalle risorse che il Mef è disponibile a mettere sul tavolo». Possibile dunque che gli accordi possano avvenire «su più manovre».
Intanto, è chiaro che c’è «un impegno da parte del governo “a fare i calcoli”. È importante che non sia arrivato con una proposta prendere o lasciare: il confronto è aperto», conclude il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli.
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