Un nuovo tool di Google per l’analisi fotografica: una nuova arma contro la disinformazione nelle immagini

Uno strumento utile per smascherare i falsari digitali, ma da solo non basta

Assembler di Jigsaw (incubatore tecnologico presso Google), è il nome della piattaforma sperimentale studiata per effettuare il fact checking delle immagini. Esistono già in rete degli strumenti utili, ma sono sparsi in diversi siti. In un articolo dedicato all’immagine di un presunto soldato nazista col cellulare, ne avevamo suggerito alcuni tra i più efficienti.


Analizzare una foto online significa tener conto di diversi elementi, ma alla fine si tratta sempre di rispondere alle solite domande che il giornalista – come il lettore – dovrebbe porsi davanti a un’immagine, specie se suscita delle emozioni o appaga le nostre convinzioni su un dato tema: quando è stata pubblicata la prima volta? In che contesto è stata utilizzata in origine? Si può risalire all’autore e alla copia originale, non privata dei suoi metadati, attraverso i social? Da questi ultimi è possibile ricavare indizi di un foto-ritocco?


Google si prepara dunque a mettere a disposizione il nuovo tool Assembler, per unire tutti gli strumenti utili al fine di rispondere almeno all’ultima domanda: siamo di fronte a una foto fake? Oggi uno strumento piuttosto utile allo scopo è Fotoforensic.

Un tool per gestire la lotta contro il tempo contro i falsari digitali

Lo stesso metodo può essere usato estrapolando i fotogrammi chiave dei filmati, o gli screen-shot di affermazioni controverse attribuite a fonti importanti. Il tool potrà essere utile per ulteriori tipi di analisi, che altrimenti dovremmo cercare sparsi in diversi siti (sempre che non richiedano appositi programmi e competenze per “settarli” al meglio), non sempre gratuitamente.

Tra i tipi di analisi offerte da Assembler, quello della correzione di luminosità, il copia-incolla dei pixel, l’individuazione dei deepfake realizzati con l’algoritmo StyleGAN, capace di creare volti molto convincenti. Il tool restituirà all’utente il calcolo della probabilità che una immagine possa essere stata modificata. Non dobbiamo dimenticare infatti che – come per Fotoforensic – i “falsi positivi” sono sempre possibili.

Il lavoro si fa più duro e rapido. Se prima i falsari potevano contare solo sulla decontestualizzazione delle immagini, la scarsa qualità delle stesse, o lavorando diverse ore su Photoshop e vari programmi per la Cgi (Computer-generated imagery), oggi l’intelligenza artificiale rende la realizzazione dei fake molto più veloce, a costi di tempo e denaro notevolmente più contenuti.

Il miglior strumento di analisi è la nostra testa

Tutti gli strumenti in una sola soluzione? Troppo bello per essere vero. Non ci riferiamo solo alle svariate tecniche di manipolazione delle immagini, ma anche a quelle psicologiche, che lasceranno molte delle domande che elencavamo prima all’intuito, e all’esperienza dei fact-checker. 

Una foto (o il frame di un video) può anche essere priva di manipolazioni, ma può riuscire ugualmente a trasmettere un falso messaggio, se inserita nella narrazione opportuna. Pensiamo solo al ruolo della pareidolia e del bias di conferma, già ampiamente sfruttati anche nell’arte, come avevamo visto assieme al segretario del Cicap Massimo Polidoro, sulle leggende attorno alle opere di Leonardo.

Insomma, il miglior strumento di analisi resta sempre la nostra mente, unita all’esperienza: questo riguarda anche i lettori, nella misura in cui si abitueranno a valutare le immagini online con spirito critico, ricordando i metodi con cui sono stati già “fregati” precedentemente.

Foto di copertina: Jigsaw | Un esempio di analisi fotografica con Assembler.

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