Piero Pelù e il mondo dei “Pugili Fragili”: «È un rodeo continuo: ti dicono che il rock è morto e poi vai a Sanremo e scippi le borse» – I video

Dopo la partecipazione al Festival di Sanremo, il ventesimo album del Diablo, apre le porte all’elettronica, ma riesce a far risuonare prepotentemente le chitarre, ormai quasi abbandonate nella musica italiana

Può un album contenere tutte le anime di un artista? Secondo Piero Pelù sì. Ed è quanto ha tentato di fare nel suo ultimo album, Pugili Fragili: una traversata in 10 brani che sul fronte dei contenuti abbraccia i più svariati temi d’attualità. Ma al contempo, a livelli di sonoro (grazie al tocco elettronico di Luca Chiaravalli), spazia da suoni più “soft” a chitarre, batterie e giri di basso martellanti, come non si sentivano da tempo in un album di quella che, un tempo, sarebbe stata definita “scena mainstream” della musica italiana, per non parlare del portare il rock sul palco dell’Ariston.


Perché el Diablo, al quarantesimo anno di carriera musicale, ha deciso di inserire nel proprio album un ventaglio di tematiche che sono (o dovrebbero) essere al centro del dibattito sociale che impatta sul quotidiano delle persone, in particolare modo per le nuove generazioni, pur lasciando spazio alla propria sfera intimista. Una scelta congiunta a un implicito richiamo a trovare la forza di riscatto e alla rinascita, a prescindere dalla situazione in cui ci si trova, richiamando il pubblico alla responsabilità collettiva.

I giovani, la musica e le chitarre

L’augurio di Pelù è quello «che anche un pubblico di giovanissimi ascolti questa musica dove ci sono dentro le chitarre». «Io sono nato con la chitarra, una Eco Eldorado, che suonava come un pezzo di legno morto –  racconta Pelù durante la conferenza stampa di presentazione dell’album – Però da lì mi ispiravo a Toni Iommi, ai Led Zeppelin, ai Sex Pistols. Poi ho cominciato a suonare con Ghigo, poi sono venuti i Litfiba, e tutto quello che è successo negli ultimi anni. Però, effettivamente, si stanno un po’ perdendo le chitarre».

«Lo scopo di questo disco – prosegue Pelù – è stato quello di trovare il giusto equilibrio tra le chitarre rock e l’elettronica. Vediamo se questa contaminazione riesce in qualche modo a fare breccia nelle orecchie dei ragazzi». «Ogni volta che vedo un ragazzo con una chitarra a tracolla per strada lo saluto, suono il clacson, tipo “Vai, grande”. Sono un po’ mosche bianche, prima se ne vedevano di più». «Non a caso ne ho inserito uno nel video (di Gigante, ndr) un ragazzo che suona nella metropolitana proprio perché ci tenevo a sottolineare anche la difficoltà dei ragazzi di oggi nel fare musica quando hai un approccio chitarristico. Ma è ancora possibile fare musica con le chitarre, tranquilli».

Le tracce di Pugili Fragili di Piero Pelù

Pugili Fragili si apre con Picnic all’inferno, un brano che mescola la voce “sporca” di Pelù a quella più flebile e delicata dell’attivista svedese Greta Thunberg, in un brano che vuole unirsi alle voci a sostegno della lotta ambientale contro i cambiamenti climatici e per lo sviluppo sostenibile del pianeta. Il tutto prendendo un po’ per l’orecchio l’indifferenza mostrata da adulti e non verso il futuro della terra. Non a caso in una strofa Pelù canta: «L’uomo è l’animale più feroce sulla terra, siamo sempre in guerra contro l’indifferenza».

Il disco procede ancora con con un occhio al futuro, in cui Pelù infonde una buona dose di coraggio alle anime più fragili, come quelle dei bambini (i nipoti di “nonno Piero”), così come a chi arde di voglia di riscatto e di rinascita, come i bambini e ragazzi cresciuti nel carcere di Nisida a Napoli, come anche dei bambini migranti. E tutte queste sfaccettature sono presenti in Gigante, il brano con cui Piero Pelù ha partecipato a Sanremo, classificandosi quinto. E dopo le prime due tracce un po’ più soft, con Ferro Caldo Pelù inizia a innalzare un muro di chitarre che racchiudono un po’ la sindrome di “Peter Punk”, uno spirito “focoso” del ventenne che malgrado gli anni, può anche cambiare pelle, ma resta vivo nell’animo del rocker.

Ma sfondando il muro del rock, scavando nel proprio animo, Pelù trova e decide di lasciar spazio poi alla sua parte più intimista e personale, e lo fa con con i brani Pugili Fragili e Luna Nuda (scritta con Francesco Sarcina de Le Vibrazioni). Due ballate incentrate profondamente sul rapporto di crescita e confronto con gli altri, più o meno intimo, ma quanto di più umano possa esserci: «Tu già lo sai che siamo gli uragani e le tempeste, pericoli e terremoti» ma anche «i re delle incertezze».

Piero Pelù, dopo la parentesi della cover di Cuore Matto già presentata a Sanremo durante la serata delle cover, passa al tema della libertà. E se con Nata libera Pelù affronta il tema della violenza sulle donne con toni molto oscuri, sottolineando come sia compito degli uomini autoeducarsi al rispetto della libertà delle scelte femminile («Tu arriverai con le tue scarpe rosse corallo per ballare sui serpenti dell’amore»), con Fossi Foco il concetto di libertà si espande ulteriormente.

Fossi Foco, composta e cantata con Andrea Appino degli Zen Circus, il cui titolo rimanda al sonetto di Cecco Angiolieri, oltre ad essere un inno alla libertà è altresì un inno alle diversità e al loro rispetto, allontanando la paura pregiudiziale che trasforma il “diverso” in un bersaglio di odio e violenza. E da questo brano riprende in un costante crescendo – sino all’esplosione in Canicola -, anche a livello strumentale, la risalita delle chitarre, così come la voglia di riscatto. 

Ed è così che Stereo Santo diventa una metafora di riacquisizione e di affermazione della propria identità, ma anche dello spazio che ci circonda, sino a riempirla di suoni e di identità unite i vuoti delle città. E in chiusura dell’album le chitarre, i giri di basso e la batteria, ma anche i suoni elettronici meglio riusciti nell’album, tornano a essere martellanti e raggiungono il massimo della loro espressione.

Il tema di Canicola torna a essere quello dell’ambiente e della salvaguardia del pianeta, onde evitare ancora di «stare qui a boccheggiare» mentre «il mondo fuori è come un De Chirico», mentre «c’è troppa luce e finta pace, come benzina sulla brace». Insomma, una chiamata alla responsabilità individuale sugli impatti che produciamo nei confronti degli altri e della Terra.

In copertina: ANSA/Mourad Balti Touati | Piero Pelù al photocall per il lancio del nuovo album di brani inediti “Pugili Fragili” a Milano, 20 febbraio 2020

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