«I tamponi della Lombardia sono datati, riapertura precipitosa»: i dubbi del virologo Andrea Crisanti

Anche al nord, nel vicino Veneto, c’è chi guarda con apprensione ai numeri della regione presieduta da Attilio Fontana e alla riapertura interregionale del 3 giugno

Alla quasi-vigilia della riapertura dei confini regionali prevista per il 3 giugno, la sorvegliata speciale per i dati del contagio resta da più parti la Lombardia. Ne sono una dimostrazione le dichiarazioni di vari sindaci e presidenti di regione, prevalentemente al Sud – è il caso di Vincenzo De Luca, per esempio – per cui la riapertura dell’area più colpita è prematura. E questo si spiega in parte con il fatto che più del cinquanta percento dei contagi in Italia sono concentrati nella regione lombarda. L’altra spiegazione riguarda le incertezze e i dubbi sull’affidabilità dei numeri forniti quotidianamente dalla Regione.


Non sono mancate le polemiche su nei scorsi giorni, a partire dalla ricostruzione pesantissima fatta della Fondazione Gimbe di Nino Cartabellotta alla regione Lombardia di combinare «magheggi sui numeri» (la regione ha annunciato la querela). Oggi a insinuare altri dubbi è Andrea Crisanti, “l’uomo dei tamponi” del Veneto, virologo e direttore del laboratorio dell’Azienda ospedaliera di Padova.


Il dubbio sui “tamponi vecchi”

A preoccupare Crisanti – che in un’intervista al Messaggero definisce la decisione di riaprire «precipitosa» – non è tanto il numero di contagi in Lombardia, quanto l’incertezza sui numeri e in particolare sui tamponi. Secondo Crisanti infatti «[…] non sappiamo a quando si riferiscano quei tamponi positivi che comunicano ogni giorno, quando sono stati materialmente fatti o richiesti. Da quello che risulta si va anche parecchio indietro nel tempo».

Il problema è duplice perché se da una parte i tamponi eseguiti diversi giorni fa non possono darci un’idea precisa dell’attuale numero di contagi, non possono neppure aiutarci a capire se l’alleggerimento delle misure restrittive ha funzionato o se ha portato a una nuova ondata di contagi che procede inosservata.

«Sono tamponi riferiti a infezioni avvenute anche parecchie settimane fa – insiste Crisanti.- In questo modo non è proprio possibile prendere una decisione che calcoli tutti i rischi, in modo corretto. Non sappiamo se in Lombardia vi sia l’effetto delle riaperture del 18 maggio, quanto abbia influito la fine del lockdown», dice il direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova.

In copertina ANSA | Andrea Crisanti in una foto diffusa il 20 aprile 2011.

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