Gli asintomatici hanno la stessa carica virale di chi ha sintomi. Lo studio di Crisanti sul caso Vo Euganeo

Tra gli abitanti del piccolo centro padovano, primo cluster veneto, gli asintomatici individuati positivi sono quasi la metà dei casi totali. «E dato che la carica virale è comparabile, è evidente che gli asintomatici contribuiscono alle catene di trasmissione»

Il caso di Vo’ Euganeo, la prima cittadina in Veneto in cui è stato individuato, a febbraio, uno dei primi focolai di Coronavirus in Italia, è finito sulla prestigiosa rivista scientifica. Nature ha pubblicato lo studio supervisionato da Ilaria Dorigatti e Andrea Crisanti, “il signore dei tamponi” del laboratorio di Microbiologia dell’Azienda ospedaliera di Padova, che chiarisce ancora una volta il ruolo degli asintomatici nella diffusione dell’epidemia.


Dal titolo Suppression of a Sars-CoV-2 outbreak in the Italian municipality of Vo’ l’indagine «fa luce sulla frequenza dell’infezione asintomatica da Sars-CoV-2 – spiegano gli autori – e sulla relativa infettività (misurata dalla carica virale), e fornisce nuovi spunti sulla sua dinamica di trasmissione e sull’efficacia delle misure di controllo messe in atto nel cluster di Vo’». Lo studio sottolinea come oltre il 40% delle persone risultate positive nel paese ha sviluppato l’infezione in maniera asintomatica o paucisintomatica.


«Il monitoraggio dell’infezione con tamponi esteso a tutta la popolazione, l’isolamento domiciliare per i positivi (inclusi asintomatici o paucisintomatici), il distanziamento sociale e l’uso di dispositivi di protezione individuale – scrivono i medici e i ricercatori che hanno lavorato al progetto – sono risultati altamente efficaci nel sopprimere la trasmissione di Sars-CoV-2».

Le basi dello studio

La ricerca è stata possibile effettuando due rilevazioni per mezzo del tampone sulla popolazione di Vo’ a breve distanza temporale: la prima ha coinvolto l’85,9% della popolazione e la seconda il 71,5%. «La prima indagine, condotta all’inizio dell’isolamento della città – spiega Crisanti – rivela una prevalenza di infezione del 2,6% (intervallo di confidenza-Ci del 95%, 2,1-3,3%). La seconda indagine, eseguita alla fine del blocco, evidenza una prevalenza dell’1,2% (95% Ci, 0,8-1,8%)». L’intervallo di confidenza è un parametro statistico che indica, in estrema sintesi, la precisione del campione.

«In particolare – aggiunge Crisanti -, il 42,5% (95% Ci, 31,5-54,6%) delle infezioni confermate da Sars-CoV-2 e identificate nelle due indagini sono asintomatiche, ovvero non presentano sintomi al momento del test con tampone, né li hanno sviluppati in seguito. L’intervallo seriale medio è di 7,2 giorni (95% Ci, 5,9-9,6)». In questo numero di persone con sintomi lievi o inesistenti, i ricercatori hanno individuato una carica virale simile ai pazienti Covid con sintomatologia. «Questo risultato implica che, potenzialmente, anche le infezioni asintomatiche o paucisintomatiche potrebbero contribuire alla trasmissione di Sars-CoV-2».

Il ruolo dei bambini

Per Crisanti è «particolarmente interessante» il ruolo dei più piccoli nello studio dell’epidemia. Secondo l’esperto, «i bambini sembrano ammalarsi di meno e con pochi sintomi, dimostrando una certa resistenza al virus. A Vo’, su un campione di 234 bambini da 1 a 10 anni, nessuno è risultato positivo al tampone, anche se spesso hanno convissuto con genitori infetti».

Per Dorigatti, del Mrc Centre for Global Infectious Disease Analysis dell’Imperial College di Londra, supervisore insieme a Crisanti della ricerca, «ci sono ancora molte domande aperte sul virus, come ad esempio il ruolo dei bambini e il contributo delle infezioni asintomatiche o paucisintomatiche alla trasmissione. Trovare risposte a queste domande è di fondamentale importanza per identificare strategie di controllo mirate e sostenibili per combattere la trasmissione di Sars-CoV-2 in Italia e nel mondo nei prossimi mesi».

Il pericolo degli asintomatici

«Il dato sugli asintomatici è il risultato chiave dello studio – aggiunge Enrico Lavezzo, docente del dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova -. Facendo una fotografia della popolazione di Vo’ abbiamo osservato che circa la metà delle persone positive al tampone erano asintomatiche al momento del test, mentre una parte avrebbe sviluppato i sintomi nei giorni successivi. Questo ci dice che, se abbiamo un certo numero di persone sintomatiche che troviamo positive in un determinato momento, ce ne dobbiamo aspettare altrettante asintomatiche, più difficili da individuare e isolare».

«E dato che la carica virale è comparabile nei due gruppi – continua Lavezzo – è evidente come anche gli asintomatici possano contribuire alle catene di trasmissione, come abbiamo anche appreso da alcuni racconti di cittadini di Vo’». Se un soggetto sintomatico espelle più quantitativi di virus tossendo, è anche vero che «un soggetto asintomatico, invece, non è consapevole di essere infetto, e quindi si comporterà come se non avesse la malattia e continuerà a vedere altre persone, anche molte, a seconda del suo stile di vita e della sua occupazione», mette in guardia il docente.

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