Coronavirus. Perché alcuni pazienti sviluppano forme gravi della malattia?

Qualcosa nella filogenesi del virus e nel nostro Sistema immunitario, determina decorsi diversi del Covid-19

La corsa al vaccino contro il Coronavirus e quella alla ricerca di un farmaco efficace, sottintendono un’altra che riguarda la comprensione di cosa determini nei pazienti quella sindrome respiratoria acuta grave, provocata dal virus SARS-CoV2.


Secondo alcune stime preliminari il 20% della popolazione Mondiale presenterebbe fattori di rischio, tali da esporre a una forma grave di Covid-19. Un recente studio individua nella proteina neuropilina un potenziale boost per il virus nel proliferare nei tessuti delle vie respiratorie, coinvolgendo persino il Sistema nervoso centrale. Intanto in diversi istituti di ricerca nel Mondo, come al San Raffaele di Milano, si esplora il fenomeno ancora in parte sconosciuto della tempesta di citochine, una reazione autoimmune fortemente correlata alle forme gravi della malattia.


Marios Koutsakos e Katherine Kedzierska hanno recentemente pubblicato su Nature un resoconto delle attuali scoperte riguardo ai fattori che determinano, per il medesimo virus, due decorsi totalmente diversi della malattia: uno con sintomi lievi o del tutto assenti; l’altro che ci preoccupa maggiormente, con polmoniti gravi, determinando un intasamento dei reparti di terapia intensiva, che difficilmente potrebbe rendere il Covid-19 paragonabile a una influenza.

Fattori sospetti nei lignaggi del virus

Gli autori analizzando principalmente i dati provenienti da uno studio pubblicato nella medesima rivista il 20 maggio (Zhang et al), riguardo a due principali lignaggi del nuovo Coronavirus, e il contesto dell’Organismo umano nel determinare la gravità della malattia, basato su 326 pazienti di Shanghai.

Inoltre, si ricorda una fase ancora piuttosto enigmatica della ricerca sulle origini del virus – niente a che fare con le tesi di complotto riguardo a una ingegnerizzazione finita male – alcuni casi iniziali infatti, non sembravano collegati al mercato di Wuhan; lo avevamo visto anche trattando uno studio di The Lancet che retrodatava lo spillover a novembre. Che fosse piuttosto un indizio di lignaggi differenti? 

Per completezza, citiamo anche una ricerca della National science review basato su 103 campioni genomici, che individuò due tipi di SARS-CoV2: uno più aggressivo (L); che sembrava derivare da uno precedente meno virulento (S). Ma i ricercatori hanno potuto basarsi solo su dati frammentari, suggerendo che le misure di contenimento potessero determinare, nel lungo periodo, la predominanza di forme meno aggressive di Covid-19.

Il team di ricerca di Shanghai individua e battezza i lignaggi «pale I e II», evolutisi verosimilmente da un antenato comune. Si differenziano a partire da due siti genomici, molto poco per capire come questo sarebbe successo. 

«Questi dati supportano l’idea che il mercato potrebbe non essere stato l’origine della pandemia – continuano Koutsakos e Kedzierska – Invece [i ricercatori di Shanghai] suggeriscono che [i due lignaggi] avrebbero avuto origine da un comune antenato virale e si sono diffuse indipendentemente allo stesso tempo: [il primo] attraverso il mercato e [il secondo] al di fuori di esso». 

Questo ci porta a ritenere plausibile che lo spillover sia avvenuto altrove, trovando nel mercato di Wuhan, con la sua «alta densità di bancarelle e persone suscettibili», una più facile e incontrollabile diffusione.

Fattori sospetti nel nostro Sistema immunitario

Tuttavia, la presenza di due tipi diversi non è rilevante, al punto da determinare da sola due manifestazioni diverse della malattia. Così i ricercatori hanno cercato di approfondire le condizioni del Sistema immunitario dei pazienti positivi al Covid-19.

«Dall’analisi dei campioni di sangue, gli autori forniscono prove di cambiamenti che hanno caratterizzato i casi gravi e critici di COVID-19 – continuano gli autori di Nature – Una caratteristica di questi casi era la linfocitopenia … Zhang et al. [la attribuiscono] all’esaurimento di un particolare tipo di linfocita chiamato cellula T CD3 +, che molto probabilmente riflette il movimento di queste cellule T dal sangue ai siti di infezione dei tessuti … Un’altra caratteristica dei casi gravi e critici erano i livelli anormalmente elevati delle citochine».

I più recenti studi sul Tocilizumab, di cui avevamo trattato in un recente articolo, sembrano fornire dati che si corroborano con queste osservazioni. È interessante anche la tempistica con cui si osservano i due principali fattori di rischio:

«L’esaurimento delle cellule T è evidente dalla prima settimana di malattia conclamata, mentre una tempesta di citochine sorge più tardi, quando il COVID-19 è diventato grave … Inoltre, né la linfocitopenia né una tempesta di citochine sono esclusive di COVID-19. Entrambi sono segni distintivi di molti tipi di infezione respiratoria grave, compresa l’infezione umana da virus dell’influenza aviaria e sindrome respiratoria acuta grave (SARS)».

Per quanto lo studio di Shanghai non sia sufficiente a fornire conclusioni solide, ricerche di questo tipo sembrano portarci lungo una strada gravida di scoperte importanti, sia per studiare le politiche di Sanità pubblica, sia nella ricerca di terapie e di un vaccino efficace.

Foto di copertina: fernandozhiminaicela/Pixabay |Covid-19.

Leggi anche: