Coronavirus, l’origine complessa del Sars-CoV2 risalirebbe a 140 anni fa, da una famiglia di «assassini dinamici»

Il profilo del virus «killer» è ancora pieno di incognite

Sull’origine naturale del nuovo Coronavirus, Nature aveva già pubblicato il 17 marzo un lavoro piuttosto ampio, in cui si riportano i risultati delle analisi filogenetiche dell’Rna di SARS-CoV2, mettendo definitivamente a congedo ogni dubbio al riguardo. In questi giorni sulla rivista appaiono anche due lavori divulgativi sul tema, rispettivamente sui finanziamenti alla ricerca, e un resoconto su quanto sappiamo della origine e dinamica del virus, che porta la firma di David Chyranoski.


Si tratta dello stesso autore dello sfortunato articolo sul laboratorio di Wuhan, usato dai complottisti come presunta prova delle loro congetture, e di un debunking dell’ipotesi dei serpenti, come animali intermedi nel salto di specie dai pipistrelli all’uomo. Per ulteriori approfondimenti, trovate su Open un nostro articolo sulle origini del virus,e un altro con tutte le fonti che smentiscono le varie tesi cospirazioniste.


Paghiamo una scarsa lungimiranza nella ricerca sui Coronavirus

In questi mesi c’è chi si è stupito del fatto che esistessero già varie istituzioni e reti di laboratori nel mondo intenti a studiare l’origine zoonotica dei patogeni, in special modo i beta-coronavirus dei pipistrelli. Nature mostra come i finanziamenti a questo genere di ricerche fossero relativamente scarsi, pari allo 0,5% dell’intera spesa dedicata allo studio delle malattie infettive. Questa è la ragione per cui personaggi come Bill Gates risultano oggi profetici, avendo già espresso preoccupazione in passato.

Dal 2000 a oggi sullo studio dei Coronavirus sono stati investiti 550 milioni di dollari. Buona parte degli sforzi sono stati focalizzati per l’Ebola, con 1,2 miliardi, che costituiscono l’1,1% della spesa globale sulla ricerca nelle malattie infettive. Abbiamo avuto un problema di scarsa lungimiranza, forse. Da quando il Covid-19 è emerso, la spesa ha subito una comprensibile impennata, con 985 milioni di dollari investiti, di questi 275 milioni sono dedicati alla ricerca di un vaccino.

«I ricercatori osservano che la spesa è stata generalmente reattiva – continua Nature – spiegando i picchi nel 2004 e 2015, dopo focolai di coronavirus che causarono rispettivamente una sindrome respiratoria acuta grave [Sars] e una sindrome respiratoria mediorientale [Mers]».

Si tratta di dati globali. Purtroppo non c’è stata una risposta omogenea dei vari Paesi coinvolti. Ancora oggi si dibatte sulle strategie da adottare, tra utilizzo di mascherine e rafforzamento delle misure di contenimento: il modello cinese funziona davvero?

L’intricata origine del SARS-CoV2

Secondo quanto riportato nell’articolo di Chyranoski, si hanno indizi dell’esistenza dei Coronavirus fin dal 1912, ma siamo coscienti della loro esistenza solo dagli anni ’60, «quando i ricercatori nel Regno Unito e negli Stati Uniti hanno isolato due virus con strutture simili a corone che causavano raffreddori comuni negli esseri umani», spiega l’autore.

Quella dei Coronavirus è stata considerata «una famiglia di assassini dinamici», almeno negli animali, mentre pensavamo che nell’uomo fossero più “gentili”, fino a quando non comparve la Sars nel 2003.

Oggi abbiamo a che fare col Sars-CoV2, di cui comincia a emergere «un profilo del killer» non del tutto chiaro. Sappiamo che prende di mira i recettori ACE2, i quali non si trovano solo negli alveoli polmonari; così questo virus – a differenza dei cugini – può attaccare in più punti, anche se le vie respiratorie sono il suo obiettivo prediletto.

«Una volta all’interno del corpo – continua Chyranoski – il virus utilizza un arsenale diversificato di molecole pericolose. E l’evidenza genetica suggerisce che si è nascosto in natura probabilmente per decenni».

Su come uccide e quale sia l’effettiva letalità restano invece diverse incognite. Sulla capacità di mutare si è ricamato parecchio. In realtà a noi delle 30mila basi presenti nel genoma interessano quelle relative alla proteina Spike, usata dal virus per penetrare nelle cellule.

«I coronavirus sono anche uno dei pochi virus Rna con un meccanismo di correzione genomica che impedisce al virus di accumulare mutazioni che potrebbero indebolirlo – spiega l’autore – Questa capacità potrebbe essere il motivo per cui i comuni antivirali come la ribavirina, che possono contrastare virus come l’epatite C, non sono riusciti a sottomettere SARS-CoV-2».

Si stima che i primi Coronavirus siano apparsi dai diecimila ai 300 milioni di anni fa. Secondo quanto suggerito in recenti studi – ancora in attesa di revisione – 140 anni fa un antenato comune a quello presente nei pangolini si sarebbe differenziato, generando la linea evolutiva dell’odierno SarS-CoV2.

Il percorso che porta dai pipistrelli all’uomo sarebbe cominciato invece tra i 40 e 70 anni fa. Ma l’evoluzione non è un fenomeno lineare, somiglia piuttosto a un cespuglio aggrovigliato. La storia del nuovo Coronavirus presenta numerose diramazioni precedenti, conoscerle meglio significa forse prevenire future pandemie. La vigilanza dovrà essere costante.

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