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Quanto è plausibile l’ipotesi di un «virus Padano»? Molto poco, ecco perché – Il video

05 Marzo 2020 - 11:38 Juanne Pili
Secondo una recente ipotesi il ceppo isolato al Sacco di Milano non deriverebbe dal coronavirus cinese. Ma i dati a disposizione rendono l'idea estremamente improbabile

Le recenti affermazioni del presidente dell’Ordine dei biologi Vincenzo D’Anna, riguardo il ceppo del Coronavirus isolato in Italia hanno destato una certa curiosità in rete. La sua ipotesi infatti – come leggiamo in diverse testate – riguarderebbe una origine “autoctona” del coronavirus, il quale sarebbe stato “confuso” con quello proveniente dalla Cina.

Non saremmo dunque, secondo tali dichiarazioni, di fronte a una nuova mutazione del virus apparso a Wuhan, bensì di un altro “originario” del Nord Italia. Questa ipotesi potrebbe spiegare i casi apparentemente privi di un collegamento certo coi contagiati provenienti dai focolai d’infezione cinesi, ma per dirlo con certezza o meno bisogna verificare alcuni punti che riportiamo di seguito.

L’ipotesi del «virus padano»

L’Huffington Post ha recentemente pubblicato un articolo che riprende Dagospia, la quale riporta le seguenti affermazioni di D’Anna:

«Sembra che tale virus sia domestico e non abbia cioè alcunché da spartire con quello cinese proveniente dai pipistrelli – continua il Presidente dei biologi – Un virus padano, per dirla tutta, esistente negli animali allevati nelle terre ultra concimate con fanghi industriali del  Nord!!».

Secondo l’HuffPost i collaboratori di D’Anna avrebbero comunicato poi una rettifica:

«solo un’ipotesi. Servono conferme. Se ne potrà parlare solo quando ci saranno risultati di laboratorio».

La tesi del virus padano viene ritenuta plausibile anche dal virologo Giulio Tarro:  

«Sulla sostanziale “differenza” del virus presente qui da noi con quello di Wuhan (l’ormai famoso “coronavirus dei pipistrelli”) c’è già uno studio, (Guizhen Wu et al. New coronavirus genome. The Lancet, 29 Jan 2020) riportato anche nella dichiarazione del dott. D’Anna, che evidenzia come ben 5 nucleotidi siano differenti. Un po’ troppi per i pochi mesi intercorsi tra la segnalazione dei primi casi in Cina e oggi».

Abbiamo preso una svista?

Secondo questa ipotesi, all’Ospedale Sacco di Milano potrebbe essere stato isolato un coronavirus differente. Quanto sarebbe plausibile questa eventualità? Molto poco. Ci viene in aiuto un recente articolo di Enrico Bucci sul blog Cattivi Scienziati in cui riporta una sua analisi che riguarda alcune scoperte interessanti emerse dallo studio dell’albero filogenetico del virus, costruito sulla base dei ceppi isolati in tutto il Mondo, consultabile online su Nextstrain.

L’albero genealogico del virus con i colori che rappresentano le aree geografiche.

Immaginiamo tutte le mutazioni riscontrate come i vari discendenti del capostipite di una famiglia, i cui legami di parentela sono espressi in un albero genealogico. Si è risaliti così all’origine dell’epidemia nel Nord Italia, con una sorpresa.

Il virus in Italia.

Scopriamo infatti che «un virus preso anche da un tedesco in Germania – spiega Bucci – è arrivato in Italia non più tardi della metà di gennaio ed in Lombardia ha continuato a mutare (dando origine alle “terminazioni” dell’albero [filogenetico])».

Il virus in Italia e il ramo dalla Germania.

Anche se il ceppo isolato al Sacco è molto probabilmente quello dominante, sappiamo di un secondo gruppo di virus, al cui interno ne troviamo uno molto simile ad altri di Wuhan. Tuttavia, alla luce dei dati raccolti, l’ipotesi attribuita a D’Anna e rilanciata da Tarro, sembrerebbe infondata sul nascere.

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