Coronavirus, come l’incertezza della politica può aiutarci a comprendere la pandemia

Come si decide un lockdown e quando si può riaprire? Ma l’incertezza può anche rivelarsi un’opportunità

Non dovrebbero esserci dubbi sulla necessità di introdurre misure di contenimento per ridurre la trasmissibilità di un nuovo patogeno, specialmente se provoca una sindrome respiratoria acuta, le cui complicazioni possono portare i pazienti in terapia intensiva, senza contare il ruolo svolto dagli asintomatici nella diffusione silenziosa del Covid-19.


Difficilmente si potrebbe proporre un modello migliore di quello SIR, il quale tiene conto dei principali fattori che determinano la diffusione di una epidemia.


Il problema è il modo – e i tempi – con cui si cerca di adottare una politica di riduzione dei contagi. Su Science Magazine Johannes Haushofer e Jessica E. Metcal si chiedono per esempio, come trovare le evidenze di una efficacia significativa degli «interventi non farmaceutici», quali il distanziamento sociale, lo starnutire nel gomito, indossare le mascherine, eccetera.

«Questi interventi – spiegano gli autori – sono spesso usati senza prove empiriche rigorose: hanno senso in teoria e si possono usare modelli matematici per prevedere il loro probabile impatto, ma con diverse politiche che vengono provate in luoghi diversi, spesso in combinazioni complicate e senza una valutazione sistematica e integrata».

Come si “impara” a combattere una pandemia

Chiariamolo, perché è importante non trasmettere messaggi fuorvianti: il discorso non verte tanto sull’efficacia teorica o sulla validità dei modelli matematici adottati, ma su come e con quali tempistiche si istituiscono questi interventi.

Non è impossibile rendere efficaci provvedimenti economici come le campagne volte a sensibilizzare la popolazione, o costosi, come quando si decide di chiudere attività commerciali e scuole. La soluzione sta nel saper integrare gli studi randomizzati controllati, per adattare una somministrazione oculata degli interventi non farmaceutici. In questo modo è possibile anche minimizzare il livello di incertezza nelle osservazioni.

Il problema sta anche nel non gravare sui diritti civili. Alcuni modelli presentati dal Washington Post, per esempio, sono critici riguardo al misure drastiche, come quelle adottate in Cina, suggerendo – in maniera semplicistica – che andassero ben oltre il necessario. Negli studi randomizzati controllati un gruppo di persone vengono scelte in maniera casuale tra quelle che hanno ricevuto un tipo di intervento, mentre un altro gruppo casuale non ne ha alcuno, permettendo così di escludere gli effetti casuali, che sembrano legati alle misure adottate, escludendo così le correlazioni spurie.

È difficile però poter ottenere ricerche di questo tipo quando l’epidemia è ai suoi inizi, mentre potrebbero dare un contributo notevole nella Fase 2, quando le misure di contenimento devono essere gradualmente allentate.

«I responsabili politici possono utilizzare una tempistica sistematica di tali interventi – continuano gli autori – sia per proteggere la popolazione sia per comprendere l’impatto dell’intervento».

Così avrebbe senso un allentamento graduale, a partire da un insieme iniziale di località a cui fanno seguito altre, in modo da poter avere un confronto tra «regioni precoci e tardive». Secondo gli autori il modello potrebbe essere utilizzato in qualsiasi momento della pandemia, e si parlerebbe quindi di misure di contenimento adottate in maniera graduale. 

Non tutte le politiche discutibili vengono per nuocere

In una versione più estesa, che non trasformi questo modello in un esperimento sociale dalle implicazioni etiche difficili da ignorare, avrebbe senso cominciare da una riapertura delle scuole mentre le attività non essenziali restano chiuse, e vedere cosa succede. «Bisogna fare molta attenzione [al fine di] rendere etici [tali studi]», osservano puntualmente gli autori.

Il tutto sta nel tenere sempre in considerazione un bilancio tra costi psicologici ed economici di certi interventi. Ma forse la stessa incertezza delle Istituzioni di fronte all’emergenza, potrebbe rivelarsi un’opportunità.

In tanti si sono chiesti nelle scorse settimane secondo quale criterio certe attività restassero chiuse e altre no. Stando a quanto esposto dagli autori di Science, queste incoerenze potrebbero essere sfruttate dai ricercatori negli studi osservazionali.

«Laddove la randomizzazione non è possibile – spiegano gli autori – gli “esperimenti naturali” creati da alcune politiche possono essere sfruttati, come i tagli quasi arbitrari (ad esempio, la riapertura dei negozi sotto un certo metro quadro)». 

Ad ogni modo, resterà sempre molto difficile riuscire a capire quale sia il momento corretto in cui intervenire, sia per contenere la diffusione del virus nelle fasi iniziali, sia per cominciare ad allentare le misure adottate. Ma proprio per questo, secondo gli autori, «è probabile che tale incertezza renda più accettabile al pubblico il restringimento o l’allentamento sfalsati di un intervento».

Un fattore che ci sembra non essere stato sufficientemente evidenziato dagli autori è quello della percezione nell’opinione pubblica dell’emergenza sanitaria e delle misure adottate, spesso resa confusa – e in certi casi distorta – sia per il modo con cui sono state amplificate dai media le discordanze tra diversi esperti, sia per la pubblicazione sistematica di contenuti complottisti. Come si possono prendere decisioni tempestive e coordinate in un clima del genere?

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