In Evidenza ENISiriaUSA
SCIENZE E INNOVAZIONECoronavirusLockdownRicerca scientificaSanitàUSAWashington Post

Coronavirus. Davvero serve una chiusura totale? Una simulazione pubblicata dal Washington Post dice di no. Siamo noi l’unica medicina

20 Marzo 2020 - 17:36 Juanne Pili
Secondo gli scienziati consultati dal popolare giornale americano, se il controllo è affidato solo alla forza pubblica qualcosa sfugge sempre

Dopo la prima settimana di lockdown e quindi di interruzione di tutti i servizi non indispensabili, si discute di stringere ancora. E c’è addirittura chi sostiene che bisognerebbe arrivare allo shutdown di tutte le attività.

I dubbi sono legittimi: funzionerà il contenimento degli spostamenti adottato in Italia, contro il nuovo Coronavirus? O forse sarebbe meglio una chiusura totale, prendendo esempio dalla Cina? Avevamo già affrontato l’argomento. Il governo di Pechino ha adottato misure drastiche come le quarantene forzate.

In molti, però, hanno fatto comprensibilmente notare che sarebbe difficile fare altrettanto nei Paesi democratici. Secondo un buon numero di ricercatori, se la Cina non avesse il regime autoritario attuale, probabilmente l’epidemia sarebbe stata identificata in tempo.

Questo non è avvenuto, e il medico Li Wenliang, che per primo cercò di lanciare l’allarme è morto, proprio a causa del Covid-19, dopo le tardive scuse per la censura che subì.

Lockdown o distanziamento sociale?

C’è un interessante articolo del Washington Post, che ha provato a mettere a confronto, citando gli esperti, diversi tipi di contenimento sociale: da quello usato in Hubei a quelli in via di attuazione in Europa.

Il risultato è molto interessante. Perché il modello attuato in Hubei non si rivela più efficace di un social distancing attuato davvero consapevolmente da tutti i cittadini.

Nel loro articolo, c’è prima di tutto un modello che mostra cosa succederebbe se non si facesse niente, lasciando che il virus possa diffondersi, con risultati ovviamente devastanti. Il secondo, che prevede un contenimento massiccio, sembra portare risultati peggiori di quello in cui il social distancing è applicato in modo consapevole e diffuso.

I modelli però vanno anche interpretati. Il Wp ha interrogato diversi esperti riguardo ai risultati delle simulazioni, i quali hanno spiegato che il primo modello, quello dell’Hubei, difficilmente funziona davvero perché è impossibile isolare completamente i malati rispetto ai sani.

L’unica soluzione sensata concilia il rispetto dei diritti con una efficiente misura di contenimento. Per questo il social distancing – in cui i cittadini cambiano il proprio stile di vita ma non si affida totalmente il controllo al disincentivo della forza pubblica – sembra essere la strategia migliore.

Basterebbe un po’ di senso civico. Non dobbiamo pensare che tanto le disgrazie succedono sempre agli altri, non è molto intelligente. Per favore, state a casa.

In copertina il vice presidente della Croce Rossa cinese che ha chiesto all’Italia misure più dure

Il parere degli esperti

Leggi anche:

Articoli di SCIENZE E INNOVAZIONE più letti