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Coronavirus, l’infettivologo Galli sui tanti casi in Italia: «Il contagio in ospedale, la situazione più sfortunata»

24 Febbraio 2020 - 10:56 Redazione
Un'epidemia nata in contesto ospedaliero, esattamente come la Mers a Seul nel 2015

«La situazione più sfortunata possibile». Massimo Galli, professore ordinario di Malattie Infettive e primario del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale Luigi Sacco ha ricostruito sul Corriere della Sera come si è diffuso negli ultimi giorni il Coronavirus in Italia. Tutto è partito dall’ospedale di Codogno, nel Lodigiano. È da qui che, probabilmente, è partito il focolaio che poi ha scatenato l’epidemia in tutto il Nord: «Purtroppo, in questi casi, un ospedale si può trasformare in uno spaventoso amplificatore del contagio se la malattia viene portata da un paziente per il quale non appare un rischio correlato».

I sintomi del paziente zero

Secondo Galli il paziente zero, la persona che per prima avrebbe portato il coronavirus in Italia, non avrebbe manifestato sintomi evidenti: «È verosimile che qualcuno, arrivato in una fase ancora di incubazione, abbia sviluppato l’infezione quando era già nel nostro Paese con un quadro clinico senza sintomi o con sintomi molto lievi, che gli hanno consentito di condurre la sua vita più o meno normalmente e ha così potuto infettare del tutto inconsapevolmente una serie di persone». Quindi gli elementi sarebbero due: un paziente infettato ma del tutto inconsapevole di avere il virus e un’infenzione partita in ospedale. E poi c’è un altro fattore: il fatto che Lombardia e Veneto siano due regioni dove sono frequenti gli scambi con la Cina:

«Sono le regioni in cui sono più intensi gli scambi con la Cina per ragioni economiche e commerciali, e in cui c’ è inoltre un’importante presenza di cittadini cinesi. Non è detto che il primo a portare il virus in Italia sia stato un cinese, potrebbe essere stato anche un uomo d’affari italiano di ritorno da quel Paese».

Il consiglio: «Condurre una vita normale»

Fra le foto di supermercati saccheggiati, le scuole, le palestre e le chiese che chiudono il consiglio di Galli su come affrontare questa epidemia è lo stesso di molti altri esperti: «Condurre la propria vita normalmente attendendo disposizioni da parte delle autorità preposte e rispettarle».

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