Ponte di Genova, parlano i parenti delle vittime del Morandi: «La concessione ad Autostrade? Un duro colpo»

I famigliari delle vittime e i residenti della zona hanno accolto con sentimenti contrastanti la decisione. Ecco le loro testimonianze

La notizia, anche per loro, è arrivata stamattina attraverso la stampa: la gestione del nuovo ponte sul Polcevera sarà affidata ad Autostrade per l’Italia. I famigliari delle vittime e i residenti della zona hanno accolto con sentimenti contrastanti la decisione. Se da un lato «la notizia è stata impattante e ha creato un’altra piaga sul cuore – racconta Egle Possetti, presidente del comitato “Ricordo vittime Ponte Morandi“, dall’altro – bisogna tenere i nervi saldi».


Lei, piemontese, nel crollo del vecchio viadotto ha perso sua sorella, il cognato e due nipotini, «ma sarebbe stato inconcepibile avere un nuovo ponte costruito in tempi brevissimi, anche bypassando le norme ordinarie, per poi lasciarlo chiuso». Quel tratto di strada tornerà in concessione ad Autostrade, società del gruppo Atlantia. A poche settimane dall’inaugurazione, pare che non ci fossero alternative per riaprire l’arteria vitale di Genova, come si evince dalla lettera inviata dalla ministra dei trasporti Paola De Micheli al commissario e sindaco di Genova Marco Bucci.


«Noi auspichiamo che le concessioni ad Autostrade vengano revocate in toto – chiarisce Possetti -. Ma se hanno in gestione i tratti di strada alle due estremità del ponte, come si poteva pensare di affidare solo il viadotto a un altro concessionario?». «Il ministro non ha potuto fare altro – ribadisce Franco Ravera, presidente dell’associazione “Quelli del Ponte Morandi” -. Sono rimasto basito perché un dibattito durato due anni ha partorito il mantenimento della concessione. Occorreva intervenire prima, adesso l’urgenza è riaprire quell’infrastruttura».

Ravera, che con la sua associazione fa da raccoglitore dei disagi di chi vive nella zona del torrente Polcevera e nei quartieri di Sampierdarena e Cornigliano, sottolinea che «i residenti non sono mai stati interessati a chi fosse il gestore in sé. Registriamo, però, che è in atto un percorso della magistratura. Sarebbe stata una buona norma non affidare la concessione a chi potenzialmente è un presunto innocente, ma potrebbe essere un presunto colpevole, di una tragedia che ha comportato la morte di 43 persone». E fa riferimento anche alle più recenti problematiche che riguardano il tessuto stradale ligure.

Un pensiero affine a quello di Possetti: «Il processo non è ancora concluso. Però, se qualcuno ha un bene in concessione, deve conservarlo in un certo modo. Se il Ponte Morandi fosse stato mantenuto a dovere, non sarebbe crollato». Ed è irreprensibile sull’aspetto sentimentale della questione: «Non può più esistere fiducia verso Autostrade. Il crollo del viadotto ha scoperchiato un calderone di problemi: la situazione delle strade liguri è disastrosa, ci sarà un’origine comune di questi mali che non possono essere arrivati tutti oggi. L’incuria deve essere decennale».

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo la bufera sollevatasi per la lettera di De Micheli, ha comunicato l’auspicio di chiudere la pratica delle concessioni ad Autostrade non oltre questo fine settimana. «Noi del comitato – sostiene Possetti – vogliamo delle indicazioni precise sulle concessioni entro il 14 agosto, il giorno della commemorazione. E speriamo che l’indirizzo sia quello della revoca». «La cosa che mi rassicura – aggiunge Ravera – è che la ministra ha scritto che si tratta di una concessione temporanea».

«Ciò che ci interessa è che il nuovo ponte sia sicuro. Gira voce che siano già comparse delle fessurazioni nell’infrastruttura – mette in allarme il presidente dell’associazione -, altri, invece, sostengono che il nuovo ponte è in grado di restare in piedi per mille anni. Quello che abbiamo appreso tutti da questa tragedia è che la sicurezza esiste solo se c’è attenzione e manutenzione nelle infrastrutture». L’auspicio di Ravera è che quell’attenzione non svanisca, «ma resta in sospeso una domanda: chi controllerà Autostrade o il concessionario che prendere in gestione il ponte dopo?».

«Abbiamo scoperto tante cose dopo il crollo del Ponte Morandi – continua Ravera -. Ad esempio, che Autostrade effettuava una manutenzione solo di facciata, non strutturale. Ma la cosa più grave risiede nei controlli: erano fatti da un soggetto terzo, ingaggiato da Autostrade. Siamo rimasti esterrefatti quando abbiamo scoperto che il controllore era stipendiato dal controllato, una pratica di per sé torbida, poco trasparente». Anche perché a “Quelli del Ponte Morandi”, meno di un mese prima del crollo, Autostrade aveva rassicurato che il viadotto era sicuro, «ci avevano invitato a stare tranquilli».

Un tema che perplime tutti i genovesi riguarda le inaugurazioni. «Alla posa della prima pietra, al primo impalcato, all’ultimo, alla prima pila: ogni momento possibile è stato sfruttato mediaticamente, diventando un palcoscenico per i politici comunali e regionali. Non c’è nulla da festeggiare, se lo ricordino sempre che in quel crollo sono morte 43 persone, sono state sgomberate 266 famiglie, circa 600 persone», conclude Ravera. E a soffrire particolarmente della «spettacolarizzazione della tragedia» e chi ha perso i propri cari. Le definisce così le passerelle politiche Possetti.

«Mia sorella, i miei nipotini, suo marito, stavano andando al mare. Non li ho più rivisti. Sono costretta a vedere, invece, le immagini del ponte crollato, quelle della ricostruzione e le facce sorridenti dei politici che presenziano all’evento: è una cosa che ci tortura l’anima perché non c’è nulla da festeggiare – sospira, confidando di aver diffidato dal nominare i propri cari durante le inaugurazioni fatte con la fanfara». Possetti ha accolto con piacere l’interessamento del presidente Sergio Mattarella, il quale, a differenza di altre personalità, ha scelto di incontrare in forma privata i parenti delle vittime, «richiamando tutti a inaugurare il nuovo ponte in maniera sobria».

«La commemorazione – conclude Possetti -, al contrario, deve essere fatta. È un pilastro della memoria ed è lì che pretendiamo la presenza dello Stato. Perché lo Stato, nel senso nobile del termine, deve ricordare per sempre quello che successo per fare in modo che non accada mai più. Ci deve essere memoria, non possiamo vivere senza memoria».

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