Dopo Botteghe Oscure, Salvini si prende anche Berlinguer: «Siamo noi i suoi eredi». Ma il Pd non ci sta

La polemica a pochi giorni dalla notizia che la Lega potrebbe aprire una propria sede in Via delle Botteghe Oscure, a Roma

«I valori di una certa sinistra che fu quella di Berlinguer, del lavoro, degli artigiani, sono stati raccolti dalla Lega. Se il Pd chiude Botteghe oscure e la Lega riapre io sono contento, è un bel segnale». Le parole di Matteo Salvini, ospite a La7 a L’aria che tira, forse ai più giovani diranno poco. In realtà sono benzina sul fuoco di una polemica strisciante, che ha avuto origine alcuni giorni fa, quando è circolata la notizia che la Lega avrebbe aperto una propria sede, a Roma, in via delle Botteghe Oscure.


Non una via qualsiasi. Ma la via dove al civico 4 si trovava la sede del Partito Comunista Italiano (il cosiddetto Bottegone), che li si installò dal secondo dopoguerra fino al suo scioglimento, avvenuto nel 1991, dopo la svolta della Bolognina. Secondo quanto circolato nei giorni scorsi, i leghisti potrebbero sistemarsi nel palazzo di fronte, quello che durante la Prima Repubblica avrebbe ospitato gli uffici della Cia, intenta a spiare le attività dei comunisti. Altri tempi, altra politica, altro contesto, ma restano ancora forti i significati.


Immediate le reazioni

Com’era da immaginare le parole di Matteo Salvini, che rivendica per la Lega l’eredità dello storico leader del Pci, sono state immediatamente raccolte dal Partito democratico che, in linea di successione, sarebbe il parente più prossimo del Pci. Una “usurpazione” alla quale sono seguite reazioni dure. «Devono proprio andare male a Salvini i sondaggi per cercare di paragonarsi a Berlinguer. Quel paragone che ha fatto oggi, per via della sede in Botteghe Oscure, fa veramente orrore e pietà», ha tuonato su Facebook il deputato Pd Emanuele Fiano.

Duro anche il commento del capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci: «Non sono mai stato un militante del Pci ma pensare che Salvini paragoni la Lega al partito di Berlinguer mi fa indignare», ha twittato.

Un dibattito tutt’altro che da libri di storia. Il tema è, al contrario di quanto si possa pensare, strettamente attuale. Perché spinge ad interrogarsi su come siano cambiati gli equilibri in seno all’elettorato, tra vecchi e nuovi bisogni, tra vecchie e nuove classi sociali.

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