Lo scienziato Bucci a Zangrillo: «Noi topi di laboratorio perché non siamo d’accordo? Quando parla lui i libri vanno a fuoco da soli»

Dopo lo scontro con Crisanti, Zangrillo apre un altro fronte di polemica con le sue dichiarazioni sui «topi da laboratorio»

    «Qui ci sono topi di laboratorio che pensano di saperla più lunga di noi. E questi sono veramente pericolosi». L’intervento del primario del San Raffaele Alberto Zangrillo durante la trasmissione In Onda ha creato polemica nell’ambiente di medici, virologi ed esperti che da tempo si occupano di seguire l’epidemia da Coronavirus. Tra le risposte più dirette c’è stata quella di Enrico Bucci, biologo e professore alla Temple University di Filadelfia (Usa). Difendendo l’ipotesi – contenuta in uno studio del suo Ospedale – che il virus abbia perso potenza, Zangrillo aveva rivendicato nel suo intervento a La 7 che «avendo vissuto la malattia nella sua versione più aspra e più violenta, mi sono indispettito quando qualcuno che aveva avuto solo la fortuna di avere il contatto con la provetta si permetteva di confutare quello che noi dicevamo». «Salve, sono un topo di laboratorio. Mai vorrei disturbare con un mio squittio un luminare della clinica», ha scritto Bucci in risposta sulla sua pagina Facebook. «Però, c’è una cosa che non mi lascia tranquillo: tutti i libri di biologia di base, di virologia, di biochimica e biologia molecolare sembrano andare incontro ad autocombustione spontanea quando si odono certe parole: sarà per la vergogna?».


    Nel suo post, Bucci elenca alcune dichiarazioni più famose di Zangrillo che non hanno avuto riscontro nella scienza o nel reale. A partire dai posti in terapia intensiva che definiva sufficienti già il 29 febbraio («le terapie intensive sono pronte, no al contagio ossessivo») fino alla dichiarazione «il virus clinicamente non esiste più». «Non deve averlo capito tanto bene nemmeno il virus – ha commentato Bucci – visto che sono continuati ad entrare pazienti in terapia intensiva e ad esserci morti fino a Luglio, pochi in Italia, tantissimi nel mondo, procurati sempre dallo stesso virus».


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