La storia del senzatetto dal cuore bianconero e di Scarp de Tenis, il giornale amato da Gianni Mura: «Se sarà scudetto dedicatelo a Claudio»

L’idea è di Stefano Lampertico, direttore della rivista Scarp de’ Tenis, venduta in tutta Italia proprio dai senzatetto. A Claudio – ci racconta Lampertico – avevano comprato persino un televisore e un abbonamento alla pay tv per seguire la sua squadra del cuore

Claudio Calò aveva due grandi passioni: la Juve e Scarp de’ Tenis (una rivista distribuita da senzatetto, rom ed ex carcerati, su iniziativa della Caritas ambrosiana). Erano queste le sue due ragioni di vita. Parlava soltanto di calcio e allo stadio c’era stato quattro volte con Stefano Lampertico, direttore di Scarp de’ Tenis, il giornale in cui lavorava, quello che gli aveva dato una seconda opportunità, che lo aveva fatto rinascere. Claudio, infatti, era (stato) un senzatetto: nell’ultimo periodo, infatti, era riuscito a ottenere finalmente una piccola casa a Milano. Prima alloggiava in un dormitorio.


Il direttore di Scarp de’ Tenis, Stefano Lampertico, con Claudio Calò

Due mesi fa, neanche il tempo di festeggiare la buona notizia, è arrivata la doccia fredda. Claudio sembrava essere sparito nel nulla. E, invece, era morto, da solo, nella sua stanza. Ai funerali ci hanno pensato gli amici di Scarp de’ Tenis. Claudio, infatti, non aveva più nessuno: aveva «rapporti sporadici con la sorella» mentre i genitori erano ormai deceduti da tempo. Anche Scarp de’ Tenis del resto è un giornale che vive di amicizie casuali e fortunate. L’ultima, nota agli appassionati e a chi ha a cuore gli ultimi, è stata quella col giornalista sportivo di Repubblica Gianni Mura, recentemente scomparso: dal 2015, ovviamente per puro volontariato, aveva iniziato a pubblicare con regolarità una rubrica, Le storie di Mura, che per il piccolo giornale era un fiore all’occhiello.


L’idea di dedicargli lo scudetto

Ma la sua vita era tutta incentrata sul calcio. Per questo Stefano Lampertico adesso chiede alla Juve di «dedicargli un pensiero in caso di scudetto». Dopo una vita sulla strada, «da lassù sta tifando ancora» spiega.

La sua storia

Claudio, di origini salentine, è stato per oltre 20 anni un venditore di Scarp de’ Tenis, il giornale che i senzatetto distribuiscono davanti alle chiese. Il sistema è semplice: loro si trattengono una piccola parte del prezzo di copertina e così possono sperare in una vita più libera e dignitosa. Possono ottenere la residenza anagrafica, possono reintegrarsi nella società, possono tornare a sperare, a vivere. «Sarebbe fantastico se lo scudetto, qualora venisse vinto dalla sua squadra del cuore, venisse dedicato a un senzatetto. La sua vita, infatti, era tutta incentrata sulla Juve, sul calciomercato, gli avevamo anche regalato un televisore e l’abbonamento a una pay tv per seguire le partite. Il giorno delle partite il suo pensiero fisso erano i risultati. Per quattro volte, poi, l’ho portato allo stadio con me, che emozione. Adesso ci manca tantissimo».

«Un bambino di un metro e ottanta»

Claudio Calò con gli amici di Scarp de’ Tenis (lui è il primo a destra)

Lo descrivono tutti «come un bambino di un metro e ottanta». Un uomo con «un lieve ritardo mentale, dislessico e con un passato difficile»: «da piccolo picchiato dal padre», si è trasferito dal Salento alla Svizzera dove ha lavorato come manovale nell’edilizia. Poi si è sposato e alla fine ha lasciato la moglie. La vita, forse, gli è sfuggita di mano e, dopo aver rotto con tutta la famiglia, si è trovato da solo. Dalla Svizzera è finito a Milano. Ed è lì, alla stazione Garibaldi, che è stato trovato dai volontari della Caritas da solo, senza niente, senza un euro. Dormiva su un bus, si stava lasciando andare.

Poi l’intervento dei volontari: prima il lavoro a Scarp de’ Tenis (dove «era contrattualizzato come venditore»), poi l’affidamento a un dormitorio e infine la casa. Stava provando a rimettere ordine nella sua vita quando, all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, è arrivato il Coronavirus. «Lui grazie a noi era rinato. Sapeva che da lunedì al venerdì era impegnato in ufficio con noi dalle 9 alle 15, che il fine settimana andava a vendere i giornali. Il lockdown, invece, gli ha tolto la sua quotidianità, la sua routine. Noi infatti abbiamo sospeso le vendite e ovviamente chiuso l’ufficio. Così si sarà sentito sempre più solo. Ma non sappiamo esattamente di cosa sia morto».

Foto in copertina da Scarp de’ Tenis

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