Da 40 anni in «missione per conto di Dio». I retroscena dei Blues Brothers raccontati da Dan Aykroyd

Sul set scorrevano fiumi di cocaina, tanto che a volte il regista John Landis non sapeva chi si sarebbe presentato al lavoro

«Siamo in missione per conto di Dio!», dicevano quei due in smoking e RayBan neri, nel lontano – ma neanche così tanto – 1980. E quella coppia lì era formata da Dan Aykroyd (Elwood Blues) e John Belushi (Jake Blues): 40 anni fa i due attori davano vita allo stracult per eccellenza, The Blues Brothers. E ora, in un’appassionante intervista, Aykroyd mette mano ai ricordi di quei giorni folli di set, e si lascia andare in un racconto fiume – riportato dal Guardian – sulla lavorazione di uno dei lungometraggi più amati, copiati, cantati di sempre.


Un omaggio reso possibile grazie anche all’incursione del regista del film John Landis. «La mia sceneggiatura originale si chiamava The Return of the Blues Brothers e conteneva due film», dice Aykroyd. «John Landis lo trasformò in 150 pagine gestibili. Era la chiave di volta del progetto, ha messo tutto insieme».


Le conseguenze (fisiche) della voce di Aretha Franklin

Tra un lampo e l’altro, si arriva a quel «Think!» viscerale pronunciato da Aretha Franklin che nella pellicola impersonava la moglie dell’amico chitarrista dei due, Matt Murphy. «Ricordo di essere entrato nella tavola calda con i ballerini di scena di Aretha Franklin, poco prima di girare quella scena. Le mie gambe, lo stomaco e il plesso solare si sono trasformati in gelatina quando ha iniziato cantare. Onestamente, non sapevo come mi sarei alzato dallo sgabello per ballare con lei».

Il ricordo di John Belushi

John Belushi è morto a 33 anni, nel 1982, dopo un mix letale di cocaina ed eroina. Con Dan Aykroyd erano stati grandi amici. Ma non solo. Fare coppia con lui, interpretando uno dei fratelli Blues, lo aveva consacrato definitivamente. Con quel film aveva raggiunto l’apice del successo. Aykroyd ha scelto di ricordare il suo Belushi con un aneddoto:

«Abbiamo perso John una notte, racconta Aykroyd. Aveva fame e non gli piaceva ciò che era disponibile da mangiare sul set. Non riuscivo a trovarlo da nessuna parte. Alla fine l’ho visto attraversare un parcheggio e raggiungere un quartiere vicino, quindi l’ho seguito. Il quartiere era buio, tranne per una casa. Busso alla porta e dico: “Mi scusi, stiamo girando un film e ci manca uno dei nostri attori”. Il ragazzo dice: “Oh, Belushi? È arrivato circa un’ora fa, ha fatto irruzione nel mio frigo e si è schiantato sul mio divano”».

La vita sul set e il lancio del film

Ritmi massacranti, orari serratissimi. Sul set c’era solo una parola d’ordine per sopravvivere a tutto questo: cocaina. E Dan Aykroyd non si risparmia neanche in questo. «All’epoca la cocaina era una valuta. Per alcune delle serate di lavoro della troupe, era quasi come il caffè. Non mi è mai piaciuto farmi da solo, e non avrei sorvegliato il comportamento degli altri. Abbiamo fatto impazzire John Landis. A volte non sapeva se ci saremmo presentati a lavoro dopo le feste, ma Belushi era un professionista e non c’era modo che non riuscisse».

Finito di girare, il film stentava a trovare un canale che lo promuovesse come meritava. A dirla tutta, l’accoglienza era stata negativa e gli incassi un flop. «I cinema del sud non volevano proiettare il film a causa degli artisti afroamericani, ma quando è diventato un successo si sono aperti e la gente l’ha visto. Ci siamo assicurati che gli autori del film mantenessero i loro diritti di pubblicazione. John e io abbiamo preso solo i diritti degli artisti», assicura Aykroyd. «Ognuna di quelle canzoni che abbiamo registrato ha remunerato gli artisti originali al 100% grazie alle vendite degli album. È stata una decisione etica e oggi i cantautori ne hanno tratto beneficio».

John Landis, il regista

John Landis e Ray Charles

Il regista John Landis ha detto: «Mia moglie – la costumista Deborah Nadoolman – ha disegnato il look di Jake ed Elwood. In Saturday Night Live avevano sempre indossato vecchi cappelli e occhiali da sole, ma lei disse: “No, servono i Ray-Ban”. Ma avevano smesso di farli, quindi trovarne un paio era una ricerca epica. Andavamo nei negozi di cianfrusaglie e cercavamo tra gli occhiali da sole che erano lì da 30 anni. Abbiamo finito per raccattare circa 140 coppie di occhiali e, ovviamente, John le dava alle ragazze». 

«The Blues Brothers», conclude Landis, «è una testimonianza della passione di John e Dan per il blues. Hanno approfittato della loro celebrità per focalizzare l’attenzione sulla musica soul. Ne sono orgoglioso, penso anche che sia un film totalmente folle. Ci sono molte ragioni per fare un film e hai successo o no a molti livelli diversi. Dan voleva fare proselitismo su questa musica, ci è riuscito, e ha avuto un enorme successo». 

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