«Vedo assembramenti negli stabilimenti balneari, sia in quelli attrezzati che liberi. Così come li vedo nei discopub e in tanti altri luoghi. Allora perché penalizzare solo le discoteche, e non prendere provvedimenti anche per le altre attività?». Così Maurizio Pasca, presidente di Silb-Fipe (Associazione italiana imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo), commenta raggiunto da Open la decisione del governo di chiudere fino al 7 settembre le discoteche in tutta Italia. Per Pasca sarebbero stati necessari più controlli da parte delle forze dell’ordine e pesanti sanzioni per chi non usa la mascherina.
Presidente, il governo ha decretato la chiusura delle discoteche, è vero che state valutando un ricorso al Tar?
«Abbiamo subìto l’ennesima ingiustizia. Prendiamo atto del provvedimento deciso durante la conferenza Stato-Regioni riunita d’urgenza ieri dal ministro Boccia, che si dice sia basato sull’aumento dei contagi. Io dico che è stata una mossa annunciata. Già da 15-20 giorni era in atto una campagna mediatica nei confronti delle discoteche, addirittura con la denuncia del Codacons nei confronti di alcuni locali dove vi erano degli assembramenti. Ma noi gli assembramenti li abbiamo visti dappertutto. Ho una ampia documentazione su questo.
Vedo assembramenti negli stabilimenti balneari, sia in quelli attrezzati che liberi. Così come li vedo nei discopub e tanti altri luoghi. Allora perché penalizzare solo ed esclusivamente le discoteche, e non prendere provvedimenti anche per le altre attività? Al governo chiedo: adesso, con le discoteche chiuse, dove andranno i 2-3 milioni di ragazzi che solitamente frequentano i luoghi di divertimento? Certamente andranno a cercare divertimento in luoghi totalmente abusivi, insicuri, non controllabili. Non sarebbe stato meglio tenerli in luoghi controllati e sicuri?».
In che modo si sarebbe potuta evitare questa decisione? È davvero impossibile rispettare le regole in vigore nelle discoteche e nei luoghi da ballo?
«Le regole sono state rispettate. Intendo quelle della misurazione della temperatura corporea all’ingresso, della sanificazione dei locali, dell’utilizzo di materiali monouso, dell’identificazione di tutte le persone che entravano nelle discoteche, dell’uso delle mascherine da parte del personale, delle prenotazioni online. Quella che purtroppo non poteva essere rispettata, ma lo sapevamo già dall’inizio, e per questo un 10% delle aziende ha deciso di non riaprire, è quella del distanziamento sociale.
Un giornalista del Times che mi ha intervistato a giugno mi ha chiesto: “Ma quest’estate in Italia ballerete il Conte-dance?”. Mantenere la distanza di due metri è una cosa totalmente impossibile in luoghi di socializzazione quali sono la discoteche. Ma questo distanziamento non è stato nemmeno mantenuto in tanti altri luoghi. Perché questo accanimento nei confronti del nostro settore?»
Vi sarà possibile agire su questa decisione? State lavorando a una proposta da sottoporre al governo?
«Ciò che proporrei è sanzionare davvero chi non rispetta le norme emanate. Se uno è obbligato a mantenere la mascherina, lo deve fare. Se trovato senza, va sanzionato. Così come è previsto per le norme sul divieto del fumo, che sanzionano chi fuma nei luoghi pubblici. Questo già sarebbe stato un grande deterrente per i giovani che prendono parte a eventi all’interno dei luoghi di intrattenimento.
Io mi sono beccato tanti di quei “vaffan****”… I nostri dj, più volte durante le serate, mandavano i messaggi per indossare la mascherina ma nessuno rispettava la regola. Perché purtroppo una gran parte di questa generazione è maleducata. Cosa avremmo dovuto fare? Prenderli e sbatterli fuori? Avrebbero certamente creato disagi e problemi di ordine pubblico, perché a volte questi ragazzi sono anche rissosi. Servono quindi controlli serrati da parte delle forze dell’ordine, laddove il soggetto non è munito di mascherina va sanzionato pesantemente, così come è previsto per il divieto del fumo».
Ma nel concreto state lavorando a una proposta per rilanciare il dialogo con Palazzo Chigi o pensate di andare allo scontro?
«Personalmente non sono mai per lo scontro ma per la via del dialogo. Nonostante questo la base dell’associazione che rappresento vorrebbe fare delle azioni eclatanti. Non soltanto gli imprenditori, ma anche chi lavora all’interno delle discoteche, come ad esempio gli addetti alla sicurezza. Ieri il presidente di una associazione di questa categoria mi ha detto che vorrebbe scendere in strada, a quel punto ho risposto che no, non se ne parla assolutamente, andiamo avanti con la via del dialogo. Ci comportiamo con grande senso di responsabilità».
Quali i danni economici per il settore derivanti da questa decisione?
«Relativamente alle attività al chiuso il 70% delle aziende, dal 23 di febbraio, è ancora chiuso e non si sa quando potrà riaprire. Ha riaperto solo il 30% il 13 giugno, e di questo il 10% ha deciso di non aprire perché non poteva rispettare le norme. Oggi sono state tutte chiuse. Abbiamo quantificato i danni, finora, in 400 milioni di euro, ed è questa la richiesta che abbiamo avanzato nell’incontro in videoconferenza con il ministro Patuanelli la settimana scorsa. Glielo ribadiremo domattina, quando ci sarà una nuova videoconferenza. Poi andremo anche a verificare il danno economico per quelle aziende che da oggi saranno chiuse fino al 7 settembre. E che non riapriranno perché sono attività stagionali».
È evidente che chiudere le discoteche in Romagna, o in zone fortemente turistiche, non ha lo stesso impatto economico di chiuderle altrove. Dunque quali saranno le economie regionali che ne risentiranno di più?
«Il presidente della Puglia Michele Emiliano già si è espresso in questo senso. La Puglia ad esempio negli ultimi anni ha avuto una crescita esponenziale, per quanto riguarda l’intrattenimento, in particolar modo il Salento. Poi c’è la riviera romagnola, la parte jesolana, ma anche il sud Tirreno. Puglia, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana e Liguria, credo saranno le Regioni più danneggiate».
Siete soddisfatti delle misure di sostegno economico messe in campo dal governo per la categoria?
«Assolutamente no, non ci riteniamo soddisfatti. La nostra richiesta, come detto, l’abbiamo già avanzata ed è di 400 milioni di euro. Il governo, da quello che ho letto sui giornali, perché non abbiamo ancora ricevuto proposte, parla di 100 milioni di euro. Cifra che noi riteniamo insufficiente per salvare un comparto già collassato da qualche mese. La maggiore attenzione, oltre alle aziende, va ai lavoratori dello spettacolo. Tutte quelle figure che ruotano e lavorano all’interno delle nostre discoteche: i dj, i promoter, gli addetti alla sicurezza, i guardarobieri, i manutentori. Gente che da sei mesi non lavora. Verso queste figure il governo deve avere una grande attenzione perché si tratta di famiglie letteralmente disperate».
Foto copertina: ANSA/CLAUDIO PERI
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