Draghi al Meeting: «I sussidi per la pandemia finiranno, ma ai giovani bisogna dare di più. A rischio la loro libertà di scelta sul futuro»

«La pandemia di Coronavirus minaccia non solo l’economia, ma anche il tessuto della nostra società, così come l’abbiamo finora conosciuta», ha detto l’ex presidente della Bce

«La pandemia di Coronavirus minaccia non solo l’economia, ma anche il tessuto della nostra società, così come l’abbiamo finora conosciuta. Diffonde incertezza, penalizza l’occupazione, paralizza i consumi e gli investimenti». Così l’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, intervenendo a Rimini alla 41esima edizione del meeting organizzato dal movimento ecclesiale cattolico di Comunione e Liberazione.


Sussidi forma di vicinanza, ma serve di più

Draghi ha ricordato come negli ultimi 12 anni la comunità internazionale abbia avuto a che fare con una serie di crisi dalle quali, comunque, si è sempre ripresa. «In questo susseguirsi di crisi – ha osservato – i sussidi sono una prima forma di vicinanza della società e coloro che sono più colpiti. I sussidi servono a sopravvivere, a ripartire. Ai giovani bisogna però dare di più. I sussidi finiranno e se non si è fatto niente resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri».


Draghi: «Occorre flessibilità e pragmatismo»

In questa fase storica per Draghi è necessario usare pragmatismo, «accettare l’inevitabilità del cambiamento con realismo e, almeno finché non sarà trovato un rimedio, dobbiamo adattare i nostri comportamenti e le nostre politiche». Poi un appello alla politica economica, dalla quale «ci si aspetta che non aggiunga incertezza a quella provocata dalla pandemia e dal cambiamento. Altrimenti finiremo per essere controllati dall’incertezza invece di esser noi a controllarla. Perderemmo la strada».

«Tutte le risorse disponibili sono state mobilizzate per proteggere i lavoratori e le imprese che costituiscono il tessuto delle nostre economie», ha osservato Draghi. «Si è evitato – ha aggiunto – che la recessione si trasformasse in una prolungata depressione. Ma l’emergenza e i provvedimenti da essa giustificati non dureranno per sempre. Ora è il momento della saggezza nella scelta del futuro che vogliamo costruire». 

Il fatto che occorra «flessibilità e pragmatismo nel governare oggi – ha proseguito Draghi – non può farci dimenticare l’importanza dei principi che ci hanno sin qui accompagnato. Il subitaneo abbandono di ogni schema di riferimento sia nazionale, sia internazionale è fonte di disorientamento», ha avvertito.

Erosione di alcuni principi già iniziata da tempo

Nella sua analisi Draghi ha anche osservato come, in realtà, «l’erosione di alcuni principi considerati fino ad allora fondamentali, era già iniziata con la grande crisi finanziaria; la giurisdizione del Wto, e con essa l’impianto del multilateralismo che aveva disciplinato le relazioni internazionali fin dalla fine della seconda guerra mondiale venivano messi in discussione dagli stessi Paesi che li avevano disegnati, gli Stati Uniti, o che ne avevano maggiormente beneficiato, la Cina».

Con una eccezione però, rappresentata dal nostro Continente: «Mai dall’Europa – ha sottolineato l’ex presidente della Bce -, che attraverso il proprio ordinamento di protezione sociale aveva attenuato alcune delle conseguenze più severe e più ingiuste della globalizzazione». «E in Europa – ha proseguito -, alle voci critiche della stessa costruzione europea, si accompagnava un crescente scetticismo, soprattutto dopo la crisi del debito sovrano e dell’euro, nei confronti di alcune regole, ritenute essenziali per il suo funzionamento: il patto di stabilità, la disciplina del mercato unico, della concorrenza e degli aiuti di stato; regole successivamente sospese o attenuate, a seguito dell’emergenza causata dall’esplosione della pandemia».

Debito senza precedenti per la ricostruzione

Passaggio importante nell’intervento di Draghi quello che mette a fuoco il problema del debito pubblico: «La ricostruzione sarà inevitabilmente accompagnata da stock di debito destinati a rimanere elevati a lungo», ha detto, osservando che «questo debito, sottoscritto da Paesi, istituzioni, mercati e risparmiatori, sarà sostenibile, continuerà cioè a essere sottoscritto in futuro, se utilizzato a fini produttivi – ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca ecc. -, se è cioè “debito buono”. La sua sostenibilità verrà meno se invece verrà utilizzato per fini improduttivi, se sarà considerato “debito cattivo”», ha ammonito Draghi.

«I bassi tassi di interesse – ha aggiunto – non sono di per sé una garanzia di sostenibilità: la percezione della qualità del debito contratto è altrettanto importante. Quanto più questa percezione si deteriora tanto più incerto diviene il quadro di riferimento con effetti sull’occupazione, l’investimento e i consumi». In ultimo la sottolineatura che «il debito creato con la pandemia è senza precedenti e dovrà essere ripagato principalmente dai giovani di oggi». Privare questi ultimi del futuro «è una delle forme più gravi di diseguaglianza», ha avvertito.

Leggi anche: