Bielorussia, l’Ue non riconosce il risultato delle elezioni. Merkel: «No a interventi dall’esterno»

«Migliaia di persone sono in strada da ormai 10 giorni per protestare non solo contro elezioni truccate, come certificato da tutti gli osservatori internazionali, ma anche contro la brutalità e la violenza del regime» ha detto il presidente del Parlamento europe Sassoli

In videoconferenza i leader dei Paesi europei hanno deciso di imporre sanzioni contro Minsk dopo le gravi violazioni dei diritti umani seguite alle proteste dell’ultima settimana. Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha inoltre annunciato – al termine del vertice straordinario tenutosi oggi sulla crisi nel Paese – che Bruxelles non riconosce le elezioni svoltesi il 9 agosto perché non sono state libere, corrette e rispondenti ai criteri internazionali, e dunque falsificate.


«Il futuro della Bielorussia può essere deciso solo dai suoi cittadini», aveva detto in apertura il presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Parole a cui hanno fatto eco quelle della cancelliera tedesca Angela Merkel, che in conferenza stampa da Berlino ha ribadito che sebbene l’Ue voglia sostenere la società civile, «per noi è chiaro che la Bielorussia deve trovare da sola la sua strada» e non devono esserci interventi «dall’esterno».


Merkel ha inoltre ricordato come una sua mediazione – più volte richiesta – con Lukashenko non sia possibile: «Per mediare serve la disponibilità delle due parti» e il presidente bielorusso ha rifiutato il colloquio, ha spiegato.

La posizione di Sassoli

L’Ue ha il dovere di «sostenere la richiesta dei cittadini di poter svolgere al più presto nuove elezioni e garantire che gli atti di violenza e tortura siano accertati e puniti» anche attraverso l’adozione di sanzioni «al più presto», ha aggiunto Sassoli.

«Migliaia di persone – ha ricordato il presidente del Pe – sono in strada da ormai 10 giorni per protestare non solo contro elezioni truccate, come certificato da tutti gli osservatori internazionali, ma soprattutto contro la brutalità e la violenza del regime. Le scene che vediamo e le storie che ci vengono raccontate, quelle di torture e violenze contro pacifici manifestanti, sono orribili e hanno provocato emozione nelle nostre opinioni pubbliche».

Il timore – ha aggiunto il presidente – è quello di un escalation militare e dell’attività repressiva: «Noi non vogliamo imporre i nostri modelli, ma non possiamo restare indifferenti rispetto al desiderio di libertà di un popolo che vuole aprire una pagina nuova».

Lukashenko: «Non siamo soli»

Da Mosca, mentre cresce la preoccupazione per un intervento russo, il Cremlino assicura che Lukashenko non ha bisogno al momento di alcun sostegno da parte della Russia nel quadro del trattato sullo Stato dell’Unione e del Trattato di Sicurezza collettiva. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha sottolineato che la situazione a Minsk va tenuta all’interno «dell’alveo legale» e va costruito «il dialogo». Proprio nelle ultime ore il presidente bielorusso ha però fatto intendere di avere le spalle coperte e che lo Stato ha qualcuno «a cui appoggiarsi».

Foto copertina: EPA/STR

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