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Governo italiano condannato per il respingimento di un barcone. Amnesty: «Sentenza storica», cosa può cambiare per le richieste di asilo – Il video

30 Agosto 2020 - 10:50 Giada Giorgi
Cinque eritrei riportati in Libia dalla Guardia costiera italiana nel 2009, sono atterrati a Roma per decisione del Tribunale. Amnesty International: «Che siano disposizioni valide per tutte le vittime di respingimento»

Erano stati respinti dalle autorità italiane 11 anni fa e ora i 14 migranti eritrei trovano finalmente giustizia. In fuga da persecuzioni e violazioni dei diritti umani a cui il loro Paese li costringeva, erano partiti dalle coste della Libia per trovare rifugio in Italia, ma ammanettati dalle autorità italiane erano stati riconsegnati alle autorità di Tripoli, dopo che il motore della loro imbarcazione fatiscente li aveva abbandonati. Oggi 30 agosto, riporta Avvenire, 5 di quei migranti respinti possono rientrare in Italia. Una sentenza «di portata storica», per usare le parole di Amnesty International, che oggi trova piena applicazione con l’atteso arrivo delle prime persone del gruppo. La condanna ai danni del governo italiano era stata emessa nel novembre del 2019 dal Tribunale civile di Roma, che aveva ordinato il rilascio di un visto di ingresso nel nostro Paese, per accedere alla procedura di richiesta di asilo in favore di 14 profughi eritrei. Non solo. L’esecutivo di Roma aveva imposto il risarcimento dei danni materiali causati dal respingimento.

La storia

Due giorni dopo dalla partenza dalle coste libiche, il gommone sul quale viaggiano gli 89 fuggitivi comincia a dare segni di cedimento fino ad abbandonarli definitivamente. Dopo un Sos lanciato, arriva il soccorso della Marina militare italiana che però riconsegna i migranti alle autorità di Tripoli. Tornati nell’inferno da cui scappavano, gli sventurati trascorrono anni di nei campi libici, fino a quando decidono di ritentare la fuga. Alcuni riprovano la traversata in mare riuscendo ad arrivare in Italia. Qualcun altro muore durante il viaggio. 16, tutti di origine eritrea, decidono di provare a raggiungere l’Europa via terra. La traversata si interrompe ad Israele, che nega al gruppo di migranti il diritto di asilo.

Restano lì fermi per anni, fino a che Amnesty International, con l’aiuto di Asgi, l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, decide di intervenire promuovendo una causa, nel 2014, contro il governo italiano. Intanto alcuni muoiono, altri fanno famiglia nel posto dove sono costretti a vivere. Fino a che nel 2019 non arriva la sentenza a favore del rientro in Italia dei primi 5 eritrei, previsto proprio nella giornata di oggi (nel pomeriggio Amnesty ha diffuso le immagini del loro arrivo a Fiumicino). Ancora bloccati sul territorio israeliano rimangono 3 dei respinti, che nel frattempo si sono costruiti una famiglia e hanno fatto richiesta di poter entrare in Italia con moglie e figli minori a causa della situazione di pericolo in cui si trovano.

La richiesta d’asilo anche fuori dall’Italia

«La portata storica della sentenza è evidente», ha detto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty international Italia, ad Avvenire. «Il dispositivo stabilisce che hanno titolo a chiedere asilo anche persone che non sono sul territorio italiano. Ciò comporta un’enorme espansione nel campo di applicazione della protezione internazionale» ha concluso. Secondo la sentenza di Roma le autorità italiane si sono macchiate di un fatto illecito, una decisione che inevitabilmente riporta a tutte le situazioni simili accadute finora. «Se questo è vero, sulla base della sentenza, in teoria, tutti coloro che sono stati vittime di respingimenti devono poter usufruire di queste disposizioni», ribadisce Noury.

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