Crisanti frena Speranza: «Il vaccino non arriverà prima dell’anno prossimo». Mascherine a scuola? «Sempre, anche al banco»

Il medico ribadisce che servono almeno 300 mila tamponi al giorno per affrontare la ripartenza delle scuole

No, il vaccino contro il Coronavirus non arriverà entro il 2020. Parola di Andrea Crisanti. «È una cosa estremamente complicata, purtroppo non ha tempi comprimibili, dice il professore ordinario di microbiologia all’Università di Padova oggi a Sky Tg24. «La fase cosiddetta di sicurezza di un vaccino dura circa un anno e mezzo o due solo quella, perché bisogna darlo a circa centomila persone in tutto il mondo. Questi sono tempi non comprimibili», spiega ancora Crisanti.


«Capisco l’esigenza e l’aspettativa, però non vorrei che si prendesse una scorciatoia, perché ogni scorciatoia che prendiamo aumenta il rischio o che il vaccino non sia efficace o che abbia degli effetti indesiderati». Già, perché sulle tempistiche del vaccino si è detto tutto e il contrario di tutto. «Si diceva che sarebbe stato pronto a dicembre, adesso si parla della fine dell’anno prossimo», dice l’esperto. «Alla fine dell’anno prossimo si dirà fra altri sei o sette mesi, perché i tempi sono quelli. Un vaccino sicuro, testato con efficacia avrà quei tempi. Secondo me lo avremo nel 2021».


Le mascherine a scuola? Anche al banco

Crisanti commenta anche l’imminente avvio del nuovo anno scolastico dopo il lungo stop dovuto al lockdown e alla pandemia. «Le mascherine servono e funzionano. Se teniamo gli studenti tutti zitti per ore va bene che non la indossino in classe, ma non ce la vedo una classe che sta in silenzio per ore, dice il professore. Di fatto aboliamo l’interazione sociale in una classe, perché nel momento in cui si parla si emette droplet.

«Bisognerebbe – continua Crisanti – che i ragazzi abbiano a disposizione la mascherina e se parlano se la mettono. Le mascherine andrebbero indossate anche seduti al banco, specialmente se si inizia una conversazione. A scuola si parla», dice ancora il microbiologo. E allora perché non si è scelto di renderla obbligatoria a scuola anche quando studenti e studentesse sono seduti? Forse «non hanno ancora raggiunto la capacità di fornire quindici milioni di mascherine al giorno», dice Crisanti.

Tamponi a tappeto

Crisanti torna infine sul suo cosiddetto “piano“, sottoposto al governo e sul tavolo della politica in questi giorni. «I tamponi che facciamo adesso ci bastano appena per controllare la situazione», spiega a SkyTg24. «L’aumento del numero dei tamponi è una cosa positiva ma consideriamo che le scuole non sono ancora ripartite, che le attività produttive ripartono questa settimana e che ci sono milioni di persone che entrano e escono dall’Italia ogni mese. Ci dovrebbero bastare tra i trecentomila e i quattrocentomila tamponi al giorno», aggiunge.

Adesso «aprono le scuole e sono circa otto milioni di bambini, per ogni ragazzo che ha la febbre immediatamente scatta il tampone per il ragazzo, per la classe, per gli insegnanti, per i bidelli, per i genitori dei bambini, dice ancora. Ogni persona genera la necessità di fare cento o centocinquanta tamponi. Pensiamo alle elezioni con 70 mila sezioni elettorali con scrutatori e rappresentanti di lista che ovviamente vengono esposti alla possibilità di contagio. In Francia dopo le elezioni c’è stata un’esplosione».

In copertina ANSA/FILIPPO VENEZIA | Il direttore del dipartimento di Medicina molecolare e virologica dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, esce dalla procura di Bergamo dopo un colloquio con i magistrati che si occupano delle inchieste sulle conseguenze del Coronavirus nel Bergamasco, 22 giugno 2020.

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