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A scuola in minigonna e top. In Francia la rivolta delle studentesse contro il sessismo benevolo del «copriti e andrà tutto bene»

17 Settembre 2020 - 07:42 Cristin Cappelletti
Quei commenti in apparenza amichevoli e l'invito a un "abbigliamento appropriato" sminuiscono le donne. L'illustratrice francese Emma ne parla nel suo ultimo lavoro «The Emotional Load»

Lunedì 14 settembre, in concomitanza con l’apertura delle scuole, un gruppo di ragazze liceali ha deciso di rinominare la giornata “liberazionedel14”. Un po’ come quel 14 luglio che per la Francia è festa nazionale. Se vogliamo qui la liberazione ha toni meno belligeranti, quanto meno nella forma, non certo nell’intenzione di voler abbattere vecchi modi di pensare e mentalità d’altri tempi. E pur sempre di una rivoluzione si tratta, quella di ragazze adolescenti che hanno sfidato “l’abbigliamento corretto” imposto da gran parte dei regolamenti degli istituti scolastici, postando foto su Instagram in minigonna e top. E così sono spuntati hashtag come #lunedì14settembre e #liberazionedel14 per invitare le ragazze a presentarsi in classe vestite a loro piacimento.

L’episodio scatenante è stato un manifesto affisso fuori da una scuola della città di Dax, nel sud-ovest della Francia, in cui veniva chiesto alle ragazze di presentarsi con «un abbigliamento appropriato». L’invito era scritto sopra l’immagine di una ragazza con un crop-top e una mini gonna. Ovviamente il tutto sbarrato di rosso. Ancor prima, a scatenare la rivolta “delle brave ragazze” è stato un incidente avvenuto al Museo d’Orsay di Parigi, noto per le esposizioni di artisti impressionisti. Il 9 settembre a una donna è stato negato l’ingresso perché presentatasi alla porta con una scollatura troppo profonda. A fare ironia sull’accaduto ci ha pensato la stessa vittima su Twitter. «Mi chiedo se mi sarebbe stato permesso di entrare se avessi indossato gli abiti che indossavano alcune di queste donne», ha scritto.

Le donne in questione sono i nudi sui dipinti esposti nel museo, inclusi alcuni quadri di Manet e Courbet. Il Museo d’Orsay si è scusato ma la donna per poter accedere è stata costretta a indossare la sua giacca, notando una volta entrata come molte donne indossavano top e altri vestiti “rivelatori”: «Ma erano tutte magre, con un seno molto piccolo».

Come spesso accade la pezza è stata peggiore del buco. E a gettare benzina sul fuoco ci ha pensato il ministro dell’Educazione, Jean Michel Blanquer, che ha invocato «una posizione di equilibrio e buon senso: basta vestirsi normalmente – ha tagliato corto – e tutto andrà bene». E’ proprio quel bene ad aver aumentato la rabbia, già sul filo del rasoio in età adolescenziale, delle ragazze liceali che hanno commentato sui social le loro esperienze di molestie sessuali avvenute a scuola e condannato la vergogna caricata sulle loro spalle. «Alla scuola media indossavo pantaloncini corti con collant e il mio consulente accademico mi ha detto: “Fai attenzione, attirerai l’attenzione del tipo sbagliato di ragazzo”, quindi sono stata mandata a casa», ha raccontato una ragazza su Twitter.

In quel tutto “andrà bene” – che no, non è quello degli arcobaleni fuori dai balconi – è racchiuso quello che l’illustratrice, ingegnere e femminista, Emma Clit, in arte Emma, ha definito il sessismo benevolo. Nel suo ultimo lavoro l’attivista nota per le sue graphic novel sul mondo delle donne ha illustrato con il solito stile pungente come certi commenti in apparenza amichevoli sminuiscano le donne e siano l’anticamera del sessismo. Dal luogo di lavoro alla scuola, l’atteggiamento di benevolenza paternalistica verso le ragazze e quella pacca sulla spalla dell'”andrà tutta bene” è ormai una costante nelle interazioni quotidiane.

L’anno scorso in Francia 146 donne sono state uccise dai loro partner

«La Francia è sessista come ogni paese – ha spiegato l’illustratrice – ma abbiamo questa caratteristica in più, e cioè il sessismo benevolo, la galanteria. Balzac ha detto che le donne non dovrebbero avere il diritto di voto perché questo influenzerebbe il nostro fascino. Molti uomini francesi e alcune donne pensano che il sesso e la seduzione debbano essere in qualche modo violenti, senza consenso, perché vi sia un buon sesso. Quindi abbiamo molte difficoltà a combattere la violenza sessuale perché è vista come qualcosa di normale». Insomma l’invito “Copriti e non ti succederà niente” rivolto alle studentesse parla chiaro. Così come lo fanno i dati.

L’anno scorso, 146 donne in Francia sono state uccise dai loro partner, con un aumento del 21% rispetto al 2018. A novembre, il governo ha introdotto nuove misure per combattere il problema. Una pandemia che ha attirato anche l’attenzione del presidente Emmanuel Macron che solo di recente ha iniziato a riferirsi a questi omicidi come femminicidi. Un termine che non è riconosciuto nel codice penale francese. I dati Eurostat più recenti, del 2015, mostrano che in Francia vengono uccise più donne ogni anno che in Regno Unito, Paesi Bassi, Italia o Spagna. Nell’Europa occidentale, solo la Germania e la Svizzera ne avevano di più.

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