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Coronavirus, i numeri in chiaro. Il virologo Maga: «Il virus circola di più rispetto ad agosto: servono più tamponi»

27 Settembre 2020 - 19:58 Giulia Marchina
Per capire quale impatto abbia avuto la riapertura delle scuole, sarà necessario attendere ancora 15-20 giorni

I nuovi dati diffusi dalla Protezione civile sulla pandemia da Coronavirus nel nuovo bollettino di oggi, 27 settembre, dicono che, per il secondo giorno consecutivo, in Italia, si sta registrando un calo dei contagi. Si è infatti passati dai 1.869 di ieri ai 1.766 di oggi. Venerdì 25, invece, erano stati 1.912. Aumentano di 7 unità le terapie intensive e aumentano i ricoverati con sintomi: +100 in 24 ore. Sono 17 le vittime. I livelli di incidenza, comunque, rimangono stabili da un paio di settimane, come spiega il virologo Giovanni Maga.

Qual è ad oggi la situazione epidemiologica?

«Se rapportiamo i nuovi positivi ai tamponi, direi che viviamo in un momento di costanza dei dati: siamo al 3% di incidenza della malattia. Questo però significa che, guardando al mese di agosto e alla prima decade di settembre, l’incidenza è aumentata, prima infatti eravamo al 2-2,5%».

Sono numeri preoccupanti?

«Sono numeri gestibili che dicono una cosa fondamentale, e cioè che l’infezione sta circolando. Tutto sommato, in generale, sta andando meglio di quanto ci si potesse immaginare. Parliamo di un progressivo deterioramento – perché i contagi aumentano -, ma sono aumenti costanti, dunque non esplosivi. In sintesi? Stiamo controllando l’epidemia».

Si può quindi dire che la riapertura delle scuole e il mondo del lavoro tornato quasi a pieno regime non abbiano fatto precipitare le cose…

«L’impatto reale di scuole e lavoro lo vedremo tra 15-20 giorni, quando vedremo se le misure adottate nelle strutture scolastiche e quelle per gli spostamenti sui mezzi pubblici saranno stati sufficienti. È opportuno dire che il bilancio, finora, è soddisfacente».

E i decessi?

«Il dato dei decessi era un dato atteso. Non poteva essere altrimenti, visto che è aumentato il dato delle persone infette. Questo ha un evidente riflesso sulla percentuale delle persone ricoverate e su chi sviluppa forme gravi. Le vittime non si esauriranno finché non si abbatterà il virus».

Il dato delle terapie intensive, invece, cosa prefigura?

«I ricoveri in terapia intensiva aumentano di poco ma aumentano. E abbiamo visto che l’età mediana è ormai 40 anni. Dalla popolazione giovane, la malattia si è trasferita ad altre fasce di età e la circolazione della malattia è diventata locale. Non c’è più quindi lo strascico di chi portava il virus a casa dopo una trasferta, quella fase lì è terminata. L’unico modo per evitare il dilagare della pandemia è che tutti osservino le misure di sicurezza. Solo così si evitare che i piccoli focolai si fondano, dando vita a forme di epidemia molto più vaste».

Rispetto all’Europa come siamo messi?

«Se guardiamo i Paesi più colpiti, ma anche quelli più simili a noi come Francia e Spagna vediamo che da loro il virus non ha limiti di età. Qui da noi, in un certo senso, sì. Noi stiamo facendo meglio sul piano della prevenzione. Siamo messi meglio coi numeri perché aver adottato misure di contenimento drastiche nei mesi scorsi ha dato un grosso aiuto al quadro generale. Spero che le attività di tracciamento e dei tamponi vengano incrementate ancora di più».

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