Coronavirus, guida a come salvare il Natale: la lettura dei dati, i focolai e l’esempio del Ramadan
Salvare il Natale. Declinato in una quantità pressoché infinita di varianti, questa missione è una tra le trame più gettonate nei film proposti durante il palinsesto invernale. Lo fanno i Nonoschi quando cantano intenerendo il Grinch di Jim Carrey, lo fanno gli spiriti che incontrano Scrooge nel racconto A Christmas Carol e lo fa persino Homer in Un Natale da cani, l’episodio che ha inaugurato la prima stagione de I Simpson. È curioso quindi che ora questa formula sia entrata nei discorsi di politici e virologi, visto che con la seconda ondata di Coronavirus ad essere a rischio è proprio il Natale.
Ad anticiparlo è stato Andrea Crisanti «Credo che un lockdown a Natale sia nell’ordine delle cose: si potrebbe resettare il sistema, abbassare la trasmissione del virus e aumentare il contact tracing». Proposta che poi è rimbalzata nelle dichiarazioni del governo, prima di tutto in quelle di Giuseppe Conte che ha cominciato ad attribuire la responsabilità di questa decisione ai cittadini: «Io non faccio previsioni per Natale, faccio previsioni delle misure più idonee, adeguate e sostenibili per prevenire un lockdown però dipenderà molto dal comportamento di tutta la comunità nazionale».
Come leggere i dati suoi nuovi contagi
Oltre 10mila contagi nelle ultime 24 ore. Il 16 ottobre il numero dei nuovi casi di Coronavirus è andato oltre una soglia che non era stata mai nemmeno sfiorata nelle fasi più dure dell’epidemia. Un numero che preso da solo potrebbe spaventare ma, come spiega a Open il virologo Giovanni Maga, deve essere rapportato a un altro dato: il numero di tamponi. «Il valore più semplice che dovremmo cominciare a utilizzare nella comunicazione è il rapporto tra persone positive e persone che vengono testate la prima volta. Un rapporto che negli ultimi 15 giorni è raddoppiato».
Nelle prime fasi dell’epidemia il numero di tamponi a disposizione non era sufficiente a coprire tutta la domanda. Venivano fatti solo ai casi più probabili, ai sintomatici o a quelli che sicuramente erano stati a contatto con un positivo. Prendiamo il 21 marzo, uno dei giorni in cui si erano registrati più contagi nella prima fase. Il numero di tamponi effettuati era 26.336, quello di pazienti trovati positivi 6.557. Il rapporto tra positivi e tamponi fatti era quindi del 24,9%. Il 16 ottobre il numero di tamponi fatti è stato 150.377, il numero di positivi 10.009 e il rapporto tra questi valori 6,66%. Un dato comunque increscita, visto cha a fine settembre oscillava attorno al 2%.
La
barriera delle strutture sanitarie
«Numericamente siamo ancora a livelli sostenibili ma negli ultimi giorni insieme ai contagi stanno aumentando anche le persone ricoverate in ospedale». Secondo Giovanni Maga la possibilità di un nuovo lockdown si gioca proprio nelle strutture sanitarie. «Ogni giorno abbiamo tra le 30 e le 40 persone che vengono ricoverate in ospedale. Per adesso è ancora tutto gestibile. Non è una situazione emergenziale». Nel frattempo il sistema sanitario dei territorio che ha affrontato la prima ondata è già in allerta: il 15 ottobre il Pronto Soccorso dell’ospedale Sacco di Milano ha deciso di accettare solo pazienti Covid.
Dove nascono (davvero) i focolai
L’ordinanza con cui il governatore Vincenzo De Luca ha chiuso le scuole in Campania fino al 30 ottobre ha già aperto un nuovo terreno di scontro fra il governo e le amministrazioni locali. Eppure una decisione del genere potrebbe essere poco efficace sul totale dei contagi, visto che il numero di focolai registrati in questi ambienti è ancora basso: «Per decidere cosa chiudere e cosa no – spiega Maga – bisognerebbe guardare i dati. Prendiamo il caso delle scuole. I numeri ci dicono che non sono focolai di infezione: la percentuale di contagi tra docenti e personale è bassissima. Arriva appena all’0,08%. E quella degli studenti è sullo stesso livello».
Gli ambienti da sorvegliare sono quindi altri. Per il il virologo sono le industrie manifatturiere, i corrieri e soprattutto i momenti di socialità per strada, nei bar e nelle discoteche: «Abbiamo tutti in mente le immagini di momenti di aggregazione in cui non si osservano le misure di sicurezza. In quelle occasioni il virus fa semplicemente il suo mestiere: si diffonde».
Imparare dal Ramadan
Mentre i cristiani si preparano al loro primo Natale, il mondo musulmano ha già affrontato una grande festività religiosa ai tempi del Covid. Il 23 maggio è stata celebrata Eid-Ul-Adha, la festa che segna la fine del Ramadan. Nel Regno Unito le comunità religiose hanno rinunciato ad incontrarsi, creando piattaforme per celebrare a distanza la festa. Con il Ramadan Tent Project i credenti hanno potuto vedersi virtualmente alla fine del digiuno rituale e i bambini dedicarsi a contenuti pensati per l’occasione. Alla fine, se lockdown sarà, potete sempre convincere quel comico mancato di vostro zio a urlare «Ambo!» al primo numero estratto dalla tombola solo davanti a un pc.
Foto di copertina: UNSPLASH