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Coronavirus, Crisanti: «I test rapidi hanno problemi giganteschi». E sull’aumento dei contagi: «Ha sorpreso anche me»

24 Ottobre 2020 - 13:29 Redazione
Il virologo dell’Università di Padova: «In cinque mesi non abbiamo costruito una rete di sorveglianza degna di questo nome. Il Cts? S’è allineato ad aspettative di tipo politico e ha sbagliato»

Il virologo Andrea Crisanti torna all’attacco della strategia di tracciamento messa in campo dal governo italiano contro il Coronavirus. «In Italia in 5 mesi non abbiamo costruito una rete di sorveglianza degna di questo nome», ha detto durante un dibattito organizzato da DigitalMeet, festival digitale che si sta tenendo in questi giorni a Padova. «Se ci troviamo in questa situazione – ha aggiunto – il “merito” è del Comitato tecnico scientifico che si è allineato ad aspettative di tipo politico».

Il professore, responsabile del Laboratorio di Microbiologia all’Università di Padova, non ha risparmiato critiche ai test rapidi, che hanno un’efficacia minore rispetto a quelli molecolari (ma che consentono di accorciare i tempi diagnostici). «Adesso c’è questa corsa spasmodica a questi test rapidi – ha detto – che hanno però dei problemi giganteschi». Crisanti ha sempre ribadito che nell’ottica del controllo epidemiologico possono rivelarsi utili, soprattutto nelle comunità (come quella scolastica), ma che «questi test hanno una sensibilità minore, e alcuni positivi sfuggono».

Per quanto riguarda la tanto dibattuta necessità o meno di imporre un lockdown, Crisanti ha specificato di non auspicare una chiusura natalizia, ma che, per come sono andate le cose, era inevitabile aspettarsi una possibilità simile. «Era nell’ordine delle cose – ha detto – se i casi continuavano ad aumentare con questa dinamica. E devo dire la verità che hanno sorpreso pure me».

In ogni caso, pensare di chiudere tutto a fine anno poteva «aveva dei vantaggi» – seppur parziali, poiché poi la situazione tornerebbe ad aggravarsi – e anzi ci avrebbe permesso di ripartire. In quel periodo, spiega, le scuole erano ferme «e avevamo 4 settimane per fare il reset al loro interno». Si potevano preservare in qualche modo le attività commerciali, ha aggiunto, «magari stringendo le misure di sicurezza». «Sicuramente – ha concluso Crisanti – in questo modo i casi sarebbero diminuiti».

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