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Crisanti: «Si doveva chiudere grandi zone 15 giorni fa: senza effetti dal Dpcm, mercoledì sarà lockdown»

31 Ottobre 2020 - 07:56 Giovanni Ruggiero
Crescono le ipotesi di nuove restrizioni almeno sulle grandi città, chiusure che arriverebbero comunque in ritardo secondo Andrea Crisanti che fissa a metà della prossima settimana il tempo massimo per passare un livello più rigido per contenere i contagi

Che sia necessaria una nuova stretta è fuor di dubbio secondo Andrea Crisanti, ma che il governo sia comunque in ritardo è altrettanto certo. «Abbiamo aspettato troppo tempo – dice il direttore di Microbiologia dell’Università di Padova a Il Messaggero – Il lockdown nelle regioni maggiormente in affanno andava fatto due settimane fa, non adesso». Con l’ultimo Dpcm varato appena lo scorso 24 ottobre, ora non resta che aspettarne gli effetti, mentre i dati di contagi di Coronavirus corrono a ritmi sempre più serrati: «Se mercoledì vedremo dati differenti, sarà finita – aggiunge Crisanti – Si andrà per forza al lockdown, magari in una forma meno severa di marzo. Ma qualcosa sarà inevitabile fare».

La chiusura delle grandi città più a rischio se non di intere province rischia però di essere ancora una volta insufficiente perché tardiva. Ma la direzione che il governo sembra aver preso è di evitare fino all’ultimo una chiusura nazionale, provando a circoscrivere i contagi su singoli territori: «Potremmo decidere chiusure meno severe nelle Regioni con una minore diffusione del virus, più rigorose nelle altre». Quel che è evidente però è che la diffusione dei contagi coinvolge quasi tutta l’Italia, segnale che la trasmissione del virus, perciò è indispensabile intervenire su «macroaree, non c’è più tempo per interventi limitati a piccoli territori», seguendo l’esempio della Germania che comunque ha già deciso per tempo.

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