Coronavirus, i numeri in chiaro. Il matematico Sebastiani: «Le scuole dovevano rimanere chiuse. Gli ospedalizzati al Nord? Frutto dei flussi con l’estero»

di Giulia Marchina

Per il matematico quello di adesso è uno schema che si ripete: «L’incremento di contagi e terapie intensive raddoppia ogni nove giorni circa». E su Conte: «sbaglia con la comunicazione: continua a dare versioni diverse sull’arrivo del vaccino»

In Italia l’epidemia da Coronavirus sfonda il tetto dei 20.000 contagi giornalieri. Secondo i dati diffusi dalla Protezione civile in collaborazione con il ministero della Salute, oggi, 25 ottobre, per la prima volta nel Paese, le nuove infezioni registrate sono 21.273 per la precisione. Invece ieri, i contagi avevano toccato la cifra di 19.644, due giorni fa erano stati 19.143. Dall’esplosione dell’emergenza sanitaria, poi, il numero totale di casi positivi ha raggiunto quota 525.782 unità. I dati odierni arrivano a fronte di 161.880 tamponi analizzati. Sono poi 128 le persone morte nelle ultime 24 ore e i pazienti in terapia intensiva sono aumentati di 80 unità, portando quindi il totale a 1.208. «Sono numeri che cresceranno ancora», come spiega il matematico Giovanni Sebastiani.


Professore, partiamo dalle terapie intensive, il tasto dolente del bollettino giornaliero.


«La situazione mi preoccupa, il concetto è sempre lo stesso: lavorare e prevenire per fare in modo di non arrivare a stressare troppo i reparti. Dal punto di vista dei numeri, nelle prime tre settimane di marzo ogni 100 ricoverati in reparto Covid, avevamo 16 posti in terapia intensiva. Con la seconda “ondata”, nelle ultime tre settimane, ogni 100 ricoveri abbiamo 11 persone in terapia intensiva. Quindi i numeri sono migliori, certamente».

GIOVANNI SEBASTIANI | Le terapie intensive in Italia

Quindi qual è l’aspetto preoccupante?

«Ai primi di ottobre c’erano 291 pazienti in quei reparti e ora siamo a più di 1.200. L’incremento ogni nove giorni raddoppia. Il punto è tutto qui: la velocità di espansione dell’infezione».

La stessa cosa accade con la percentuale tra casi testati e casi positivi…

«Esatto, nove giorni fa avevamo un rapporto al 10,8%, oggi il 21%. Si tratta certamente di un modello esponenziale ma con le nostre azioni possiamo piegare la curva epidemiologica. Per adesso non si possono fare stime precise per quantificare cosa accadrà tra qualche settimana».

GIOVANNI SEBASTIANI | Rapporto tra casi testati e nuovi positivi

Emergono novità dai suoi calcoli?

«La novità riguarda la situazione degli ospedalizzati e della percentuale dei nuovi positivi sui casi testati. Secondo le informazioni che ho processato, ci troviamo davanti a una situazione in cui le carte in gioco si sono mischiate nuovamente. Se dopo l’estate sembrava che il virus fosse distribuito in modo più equo rispetto alla prima fase su tutto il territorio nazionale, ora è possibile notare come, invece, le Regioni più colpite siano principalmente quelle a nord dell’Emilia-Romagna».

GIOVANNI SEBASTIANI | La situazione degli ospedalizzati, in Italia

Questo cosa significa?

«Significa che a influenzare la curva sono molto probabilmente i flussi con l’estero con stati confinanti come Francia, Svizzera e Austria dove il contagio è alto».

GIOVANNI SEBASTIANI | Percentuale di casi positivi su casi testati

Con il nuovo Dpcm varato dal governo, sarà possibile affidarsi ad oltre il 75% della didattica a distanza, per andare incontro alle Regioni che chiedevano il 100% di autonomia sulla possibilità di decidere sull’apertura delle scuole. Perché non chiuderle direttamente visti anche i pareri di molti studiosi che vedono non tanto nella scuola, ma in tutto quello che le ruota attorno, una causa dell’aumento esponenziale dei contagi?

«Per non ammettere un fallimento. Perché dal punto di vista psicologico, per i cittadini, sarebbe un disastro. Mi aspetto che ci sarebbero state sollevazioni popolari un po’ ovunque. Nessuno accetterebbe la chiusura di qualcosa che coinvolge così tante persone ogni giorno».

Cosa hanno sbagliato Conte e i suoi?

«Pensare, a settembre, che la questione primaria fosse la scuola. Le scuole e le università dovevano funzionare a distanza, almeno per le medie superiori e le università, come lo sono state durante i mesi “caldi” del lockdown – che è poi il motivo che ci ha permesso di uscirne con una situazione migliore rispetto ad altri Paesi europei. La prima cosa da fare era pensare all’economia. Conte sbaglia con la comunicazione, che è un aspetto delicato del suo lavoro…».

In che senso?

«Continua a dare versioni sempre diverse sull’arrivo di un vaccino, ad esempio. Sulla base di quali dati prima dice novembre, poi dicembre, poi per la fine dell’anno? Chi gli ha dato la sicurezza di poter diffondere notizie simili? Da uomo di scienza non mi prenderei la briga di fare dichiarazioni così nette, e non dovrebbe neanche lui. Dovrebbe invece chiarire alle persone che fino alla fine di settembre siamo stati in condizioni molto migliori rispetto ad esempio, Francia, Spagna e Regno Unito per via delle scelte post lockdown, come le riaperture graduali, la continuazione del lavoro agile e ultimo ma non ultimo la non riapertura delle lezioni in presenza».

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