Vanno avanti i soccorsi dell’Ong spagnola Open Arms nel Mediterraneo centrale dove sta cercando di trarre in salvo un centinaio di persone finite in acqua dopo che è affondato un gommone su cui si trovavano da un paio di giorni. All’inizio delle operazioni si parlava di almeno cinque persone morte nel naufragio. «L’imbarcazione ha ceduto» si legge sull’account Twitter italiano di Open Arms. «È quello che accade quando si abbandonano per giorni le persone in mare. Continuiamo».
Nelle ultime ore è arrivata un’altra nota ad aggravare il bilancio: è morto anche un bambino di sei mesi (inizialmente si pensava che fosse una bambina, ndr) che era stato soccorso da Open Arms: «Nonostante gli enormi sforzi dell’equipe medica, è venuto a mancare a causa del naufragio. Avevamo chiesto un’evacuazione urgente, da effettuare tra breve, ma non ce l’ha fatta ad aspettare. Siamo addolorati».
In un video il presidente di Open Arms Italia, Riccardo Gatti, ha sottolineanto che in questo momento la Ong starebbe operando da sola. Infatti, Open Arms è l’unica imbarcazione umanitaria che non è stata costretta a rimanere ormeggiata in un porto europeo. Da marzo a oggi il governo italiano ha bloccato sei navi: l’ultima ad aver ricevuto lo stop è stata la Mare Jonio di Mediterranea Saving Humans.
Il numero delle vittime totali «ancora non lo sappiamo, stiamo andando avanti con i soccorsi» prosegue Gatti, che chiede l’apertura dei corridoi umanitari e «un’operazione congiunta in mare da parte dei governi dell’Unione europea». L’imbarcazione si trovava a 31 miglia a nord di Sabrata, in Libia. I superstiti sono attualmente a bordo della Open Arms.
Articolo in aggiornamento
Foto di copertina: Twitter
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