Censis, con la pandemia Italia sempre più spaccata tra chi ha un lavoro garantito e chi no: la metà dei giovani vive peggio dei genitori

di Giada Giorgi

Secondo l’ultimo rapporto del Censis, il 50% dei giovani vive in condizioni peggiori rispetto ai propri genitori alla loro età. A passarsela peggio di tutti sono le partite Iva, soprattutto con l’arrivo della pandemia

I mesi complessi della pandemia di Coronavirus improvvisa sembrano aver reso comune il destino dell’intera popolazione italiana. Tutti alle prese con un virus duro a morire, tutti con un unico nemico da battere. Ma se l’obiettivo rimane comune, gli strumenti e le risorse di ognuno per poterlo raggiungere si rivelano, ancora una volta, del tutto squilibrate. Il rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese per l’anno 2020 conferma quanto la Covid-19 abbia fatto da amplificatore virale di una realtà conosciuta da tempo, e cioè quella di due Italie che camminano ancora una volta a due velocità.



La spaccatura più evidente è nella garanzia di un lavoro. Un Paese diviso tra «garantiti e non garantiti», tra quelli che nonostante il mondo attorno crolli riescono a mantenere la sicurezza di un proprio reddito e quelli che invece crollano insieme al mondo. Secondo Censis, tra tutti i garantiti assoluti, i lavoratori statali si classificano come «universo distinto da tutto il resto». Al riparo dalla possibile «débacle economica» sono 3,2 milioni i dipendenti pubblici, che insieme ai pensionati, sembrano aver avuto piuttosto la preoccupazione di fornire aiuto economico a figli e nipoti in difficoltà.

Il mondo dei non garantiti è invece formato in primis dal settore privato, con il 53,7% di occupati nelle piccole imprese e il 28,6% presso grandi aziende che vive nella perenne insicurezza del proprio posto di lavoro. Il report parla di uno «tsunami occupazionale» come lo scenario del prossimo futuro, anche e soprattutto per la parte più vulnerabile della fascia dei non garantiti e cioè gli occupati del settore privato a tempo determinato. Si parla di 400mila lavoratori che non hanno ricevuto il rinnovo del contratto nel secondo trimestre del 2020, rimanendo così disoccupati. Universo a parte è quello che il report definisce «degli scomparsi»: lavoratori in nero, lavoratori casuali o occasionali che per quanto sommersi sono stimabili attorno ai 5 milioni di persone.

A soffrire «in modo inatteso» è la categoria del lavoro autonomi, quella di tutti gli imprenditori dei «settori schiantati». Commercianti, artigiani, professionisti rimasti senza incassi e fatturati, sono riusciti a rimanere a galla solo per il 23% percependo lo stesso reddito familiare del periodo pre Covid.

Allarme giovani

In una condizione di impoverimento progressivo delle fasce già più deboli della società, il Censis registra una difficoltà assoluta di sviluppo per i giovani. Il 50,3% di loro vive in una situazione socio-economica peggiore di quella vissuta dai genitori della loro età. Per 40 lavoratori autonomi su 100, i figli «sono passati in una classe occupazionale inferiore», soprattutto all’interno «delle categorie degli operai e del settore terziario non qualificato».

La completa sfiducia

L’effetto Covid ha ampliato difficoltà che tutti «i non garantiti» sentivano già pesanti sulle spalle. Il risultato è un atteggiamento di completa sfiducia anche nei confronti del periodo post pandemia, per cui quasi il 40% degli italiani, il 41,7% dei più giovani, non investirebbe in una propria attività commerciale per rischi di fallimento troppo alti. Solo il 13% attualmente considera il rimettersi in gioco un’opportunità come investimento.

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