Miozzo (Cts) resiste: «Non sarà l’allarmismo sulla terza ondata a fermare il ritorno a scuola a gennaio»

di Giada Giorgi

Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico parla di «un duro lavoro» per garantire nuovamente la didattica in presenza dal 7 gennaio. «L’ultima possibilità del Paese per non fallire»

Per il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo, non sarà lo scenario di una terza ondata di contagi da Covid-19 a fermare l’impegno sulla riapertura delle scuole il prossimo 7 gennaio. Nell’intervista a Il Giorno, l’esperto parla di un «duro lavoro» attualmente portato avanti affinché gli istituti scolastici possano riaprire in presenza dopo l’Epifania, e sui possibili impedimenti sembra non voler cedere. «Non ci fermeremo solo perché qualche scienziato ha detto che c’è il rischio di una esplosione della pandemia» ha detto il capo del Cts, ribadendo l’intenzione di continuare a collaborare con prefetture, autonomie locali e città metropolitane per raggiungere l’obiettivo.


Parla di rientro in sicurezza il coordinatore del Cts, sicurezza che sarebbe dovuta essere garantita anche a settembre, quando le cose però non hanno funzionato a dovere. «C’è stata tutta l’estate per preparare il rientro degli otto milioni di studenti, ma non è stato così» ha spiegato Miozzo, «in molte aree del Paese i trasporti non sono stati adeguati, la sanità scolastica, gli spazi, il personale, i monitoraggi nemmeno», ha continuato. Un’insieme di mancanze che il coordinatore vede come «responsabilità collettiva» e non da attribuire in modo esclusivo alla ministra Azzolina. Dati di fatto che ora potranno essere recuperati, secondo Miozzo, «nella prova d’appello del 7 gennaio».


Trasporto e sanità locale le due premesse necessarie

Lo scenario più drammatico che potrebbe verificarsi nell’imminente stagione delle influenze è quello di più di 1.000 morti e 40 mila contagi. Possibilità ritenuta da Miozzo non troppo lontana nel caso in cui si ripetano gli stessi errori della scorsa estate. In quel caso anche per la riapertura delle scuole, come per la gran parte delle attività sociali e commerciali, sarà di nuovo vita dura ma questo per il membro del Cts non può essere motivo adesso per non continuare a lavorare sulle premesse del rientro.

E proprio a questo proposito, Miozzo non ha dubbi sulle prerogative necessarie per una riapertura delle aule in sicurezza: «Prima di tutto i trasporti» dice. «Le città metropolitane devono fare i conti con il traffico quotidiano locale e preparare i loro piani per alleggerire il picco di passeggeri immaginando, ad esempio, lo slittamento degli ingressi dei liceali». Subito dopo, la questione non meno importante del controllo dei contagi.

«Non può essere il ministro della Salute a occuparsi di mandare un medico o prevedere l’invio dei tamponi nella scuola», spiega Miozzo ribadendo la necessità di un sistema sanitario locale più forte. La realtà da garantire dunque si rivela piuttosto impegnativa e stavolta un fallimento sul fronte della scuola potrebbe significare per il coordinatore Miozzo una sconfitta ancora più profonda: «Il tavolo dei prefetti è in qualche modo l’ultima possibilità, se fallisce anche questo potremo dire che ha fallito il Paese intero».

A Natale «serve prudenza e attenzione»

Per Miozzo è fondamentale riaprire le scuole il 7 gennaio. Ma «tornare alla didattica in presenza – ha sottolineano il presidente del Cts – si può fare solo se saremo prudenti e attenti a Natale e Capodanno, così potremo tornare alla normalità dell’anno prossimo». Nel corso della presentazione di un progetto di Società italiana di Pediatria ha lasciato intendere che «l’idea che la dad possa sostituire la presenza è una idea di qualcuno che ha tutto l’interesse a dire che la didattica a distanza va bene».

Di certo «il rischio zero non esiste da nessuna parte», è tornato a ribadire Miozzo. Ma quello che si corre nelle aule degli istituti scolastici, sostiene il presidente del Cts, è un «rischio controllato, accettabile». In definitiva, il professore sostiene che la didattica a distanza abbia dei grossi problemi, «non tutti hanno i tablet né le connessioni», ha spiegato. «C’è una antica distrazione del nostro Paese sulla scuola – ha proseguito Miozzo – per decenni abbiamo continuato a disinvestire sulla scuola».

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