Caso Regeni, la procura chiede il processo per gli 007 egiziani. Ma resta il rischio dello stop: mancano ancora i domicili degli indagati

Per i quattro agenti dei servizi segreti del Cairo l’accusa è di aver sequestrato, torturato per giorni e ucciso il ricercatore, facendo abuso dei loro «poteri di pubblici ufficiali egiziani»

Dopo la rottura con gli inquirenti egiziani e dopo aver chiuso le indagini sull’omicidio di Giulio Regeni, la procura di Roma tira dritto sul caso e ha chiesto il rinvio a giudizio per i quattro 007 egiziani accusati di aver torturato e ucciso il ricercatore italiano trovato morto in Egitto nel febbraio del 2016. Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif dovranno infatti rispondere alle accuse di sequestro di persona pluriaggravato, concorso in omicidio aggravato e concorso in lesioni personali aggravate e di omicidio. 


«Nella mattinata odierna – si legge nella nota della procura capitolina – nel procedimento per il sequestro la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni, non essendo intervenuto alcun fatto nuovo dopo la notifica dell’avviso di conclusioni delle indagini, ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio negli uffici del Giudice dell’udienza preliminare nei confronti dei quattro cittadini egiziani appartenenti agli apparati di sicurezza».


L’udienza preliminare dovrebbe avvenire entro la fine della primavera, tuttavia risulta ancora da sciogliere il nodo della cosiddetta assenza dell’elezione di domicilio per gli imputati. Difatti, secondo il sistema giudiziario italiano, non è possibile procedere in caso di mancata di avvenuta notifica agli imputati al Cairo. Tuttavia il gup potrebbe comunque decidere di procedere comunque al netto della rilevanza mediatica internazionale del caso.

Le indagini della procura di Roma

Le indagini, guidate dal procuratore Michele Prestipino e del sostituto Sergio Colaiocco, si erano concluse lo scorso dicembre. Secondo le ricostruzioni Giulio Regeni «venne condotto contro la sua volontà e al di fuori di ogni attività istituzionale, prima presso il commissariato di Dokki e successivamente presso un edificio a Lazougly dove venne privato della libertà personale per nove giorni». Da quel momento in poi il ricercatore sarebbe stato vittima di efferate sevizie per giorni.

Dei quattro 007 indagati, secondo le indagini, sarebbe stato il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif a uccidere Giulio Regeni, «abusando dei suoi poteri di pubblico ufficiale egiziano». «Sharif – così come emerge dalle testimonianze raccolte – con sevizie e crudeltà, mediante una violenta azione contusiva esercitata sui vari distretti corporei cranico-cervico-dorsali, cagionava imponenti lesioni di natura traumatica a Regeni, da cui è conseguita un’insufficienza respiratoria acuta di tipo centrale che lo ha portato al decesso». 

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