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Crisi di governo, Zingaretti: «Io ministro? Ne parlerò con Draghi e con il Pd»

04 Febbraio 2021 - 20:54 Redazione
Il segretario dem non esclude del tutto l'ipotesi di entrare personalmente nel nascente esecutivo guidato dall'ex governatore della Bce. Ma avverte: «Noi e la Lega siamo alternativi»

«Io ministro? Ne parleremo con il presidente Mario Draghi e con il mio partito. Ma faccio il presidente di Regione e faccio già grande fatica così». Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ospite di Otto e mezzo su La7, non ha chiuso del tutto la porta all’ipotesi di entrare personalmente nel nascente esecutivo guidato dall’ex governatore della Bce.

«Noi mettiamo sul campo punti di programma molto chiari, tra i quali una chiara vocazione europeista», ha aggiunto Zingaretti, «su questo penso che noi e la Lega siamo forze alternative, ma spetta al professor Draghi costruire il perimetro della maggioranza». Il riferimento è all’apertura arrivata in serata da Giancarlo Giorgetti, vice segretario federale della Lega, al termine della prima giornata di consultazioni. Giorgetti ha detto infatti che «Draghi è un fuoriclasse e non può stare in panchina», e che la Lega potrà «votare sì oppure no alla fiducia», ma un’astensione è improbabile.

Zingaretti, inoltre, ha precisato che il Pd chiederà un governo che abbia al suo interno politici ed esponenti della società civile: «Con ministri bravi, competenti e in grado di misurarsi con le sfide che abbiamo davanti. Ma ascolteremo il professor Draghi, che farà una sintesi e noi ne prenderemo atto. Sono molto ottimista che si faccia presto un governo per questo Paese. Da zero a 10, direi che c’è una probabilità di otto o anche nove».

Il segretario dem, infine, non ha risparmiato una dura stoccata nei confronti di Matteo Renzi, affermando che l’unica cosa che l’ex premier può rivendicare è «il casino di aver aperto una crisi al buio». Crisi che «senza la nostra presa di responsabilità avrebbe rischiato di precipitare». Renzi, nella versione di Zingaretti, avrebbe deciso di far cadere il governo Conte II per un interesse di parte, ovvero perché impaurito dall’idea che l’alleanza tra Pd e M5s potesse «far morire il suo progetto politico con Italia Viva».

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