L’accordo storico di Murdoch: Google pagherà per le news dei suoi giornali. In Australia pronta la legge che tutela i media, ma Facebook si sfila

È la prima volta che il gigante di Mountain View paga per l’indicizzazione degli articoli. La partnership prevede anche la condivisione delle entrate pubblicitarie, lo sviluppo di una piattaforma di abbonamento e «investimenti significativi nel videogiornalismo innovativo» da parte di YouTube

Modelli di business alternativi agli introiti pubblicitari sono possibili per i contenuti digitali dei giornali? Se dalla diffusione delle news online la ricetta perfetta non è ancora stata trovata e dozzine di giornali arrancano non potendo far altro che svendere i loro articoli multimediali, quello che è accaduto nelle ultime ore a uno degli editori più importanti della Terra apre certamente la strada a nuove possibilità e a un diverso approccio dei media verso i giganti del web. Cosa accadrebbe infatti se gli editori di tutto il mondo costringessero Google e Facebook – due per tutte le big tech – a pagare per l’uso delle news?


Murdoch e il cambio di passo: l’inizio di una rivoluzione?

Rupert Murdoch, News Corp Chairman | EPA/FACUNDO ARRIZABALAGA

Dopo una lunga e faticosa trattativa, la News Corporation di Rupert Murdoch ha raggiunto un accordo con Google, che suona quasi come una rivoluzione. L’azienda editoriale riceverà «pagamenti significativi» per i suoi contenuti giornalistici. Un modello mai visto prima che potrebbe cambiare un giorno il rapporto fra gli editori e i giganti del web. Stando a quanto reso noto, l’intesa fra News Corp e Google durerà tre anni e riguarderà diverse testate dell’impero di Murdoch, a cominciare dal Wall Street Journal passando per il New York Post negli Stati Uniti, il Times e il Sun nel Regno Unito. L’accordo avrà «un impatto positivo sul giornalismo in tutto il mondo – ha commentato Robert Thomson, amministratore delegato di News Corp – poiché abbiamo fermamente stabilito che ci dovrebbe essere un premio per il giornalismo di qualità». «Per anni siamo stati accusati di lottare contro i mulini a vento della tecnologia – ha proseguito usando una metafora calzante – ma ora quella guerra è diventata un movimento, e sia il giornalismo che la società ne usciranno migliorati». In particolare, la «storica partnership pluriennale» – come viene definita dalle parti firmatarie – prevede che Google paghi a Murdoch per l’indicizzazione degli articoli delle sue testate online nella sezione showroom di Google News. E questo è solo l’inizio. Il sistema studiato include anche la condivisione delle entrate pubblicitarie, lo sviluppo di una piattaforma di abbonamento e «investimenti significativi nel videogiornalismo innovativo» da parte di YouTube, che come noto è di proprietà di Google. Una vittoria impensabile fino a qualche tempo fa, che arriva mentre l’Australia sta affilando le armi per far passare una normativa che costringa Google e Facebook a garantire un pagamento per le news che alimentano le loro piattaforme web.


La battaglia dell’Australia

Anche in Australia si stanno raggiungendo i primi traguardi. Il gigante di Mountain View ha siglato una lettera di intenti che prevede un’intesa di cinque anni sulla base della quale dovrà corrispondere oltre 30 milioni di dollari australiani all’anno (più di 19 milioni e 300mila euro) per l’uso dei contenuti editoriali di Nine Entertainment Co., uno dei più grandi gruppi di media australiani, che include il canale tv 9 e i quotidiani Sydney Morning Herald, The Age di Melbourne e Australian Financial Review. Tempo due settimane e dovrebbe esserci la firma definitiva sull’accordo commerciale. In questo modo Google limita i danni concordando anch’esso le regole del gioco, poiché anticipa l’imminente introduzione nel Paese del codice di condotta vincolante che il governo conservatore sta per presentare in Parlamento con il sostegno dell’opposizione laburista e dei Verdi. «Gli occhi del mondo sono puntati sull’esito delle riforme australiane – ha detto il ministro del Tesoro Josh Frydenberg -. Abbiamo trovato una soluzione, qualcosa che può assicurare una stabilità per il futuro dei media e che vedrà i giornalisti continuare ed essere ricompensati per la creazione di contenuti originali». Secondo la proposta di legge, che mette tutti d’accordo, Facebook e Google dovranno concordare con gli editori australiani indennizzi per l’uso e la condivisione dei loro contenuti giornalistici. Il codice, formulato dall’ente di vigilanza, l’Australian competition and consumer commission, prevede trattative tra Facebook, Google e le compagnie australiane dei media per concordare il pagamento dei contenuti, con penali fino a 10 milioni di dollari australiani se questi accordi non venissero rispettati.

Facebook mette le mani avanti

Soluzioni che non paiono essere piaciute a Mark Zuckerberg che per il momento, essendo la questione ancora circoscritta, decide di tirarsi fuori. Il suo Facebook infatti ha annunciato che limiterà la visione e la condivisione di news australiane e internazionali in Australia, proprio in risposta alla proposta di legge del Paese che lo costringerebbe a pagare per l’uso delle news. La lettura di mister Zuckerberg, in sintesi, è questa: «La normativa australiana fraintende i miei rapporti con gli editori». La conclusione è che per ora a rimetterci sarà il traffico dei giornali in termini di numero dei lettori che accedono alle news dalla home del social network, ma anche il pubblico australiano che si vedrà limitare il potere d’azione relativo ai contenuti dei siti di informazione. «Gli editori internazionali potranno continuare a pubblicare contenuti su Facebook – stabilisce il social network – ma i link e i post non potranno essere visti o condivisi dal pubblico australiano».

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