Stragi naziste, morti gli ultimi due ergastolani condannati per gli eccidi in Italia: non hanno mai scontato un giorno di pena

«Una pagina giudiziaria che si chiude male, nessuno ha scontato la pena inflitta dal giudice e quello che ora rimarrà è solo cronaca e storia»: commenta il procuratore generale di Roma Marco De Paolis

Erano gli ultimi due militari nazisti condannati all’ergastolo in Italia e sono morti. I superstiti accusati di uccisione indiscriminata di militari e civili italiani non hanno mai fatto un giorno di carcere o di detenzione domiciliare. «Una pagina giudiziaria che si chiude male, nessuno ha scontato la pena inflitta dal giudice e quello che ora rimarrà è solo cronaca e storia». Ad annunciare la notizia è il procuratore generale di Roma Marco De Paolis, il magistrato che ha istruito decine di processi sugli eccidi nazifascisti. Secondo quanto da lui confermato si tratta di Karl Wilhelm Stark, centenario accusato di eccidi commessi nel 1944 in varie località dell’Appennino tosco-emiliano e di Alfred Stork (97 anni), ritenuto responsabile di una delle stragi avvenute sull’isola di Cefalonia nel settembre 1943 nei confronti dei militari della divisione Acqui.


Stark ha negato fino alla fine

L’ex sergente Stark, inquadrato nella divisione Corazzata “Hermann Goering” della Wehrmacht, è morto il 14 dicembre scorso. Nei due borghi di Civago e Cervarolo, sull’appennino tosco-emiliano, il 20 marzo del ’44 fu responsabile della morte di circa 30 persone. Nel borgo di Vallucciole, nell’Aretino, oltre 100 uomini, donne e bambini vennero uccisi per una rappresaglia che lo vide alla guida. Nel 2018 fu scovato da una troupe di giornalisti Rai nella sua abitazione in un sobborgo di Monaco: l’anziano, scambiando qualche battuta sull’uscio, disse che non poteva pentirsi di «una cosa mai fatta» e che il processo era stato «una farsa».


Alfred Stork si rimangiò tutto

Alfred Stork è morto il 28 ottobre del 2018. L’ex caporale dei “Cacciatori di montagna” era stato condannato per l’uccisione di almeno 117 ufficiali italiani sull’isola di Cefalonia, nel settembre 1943. L’uomo aveva confessato agli inquirenti tedeschi di aver fatto parte di uno dei plotoni di esecuzione attivi alla “Casetta rossa”, dove venne trucidato l’intero stato maggiore della divisione Acqui. Una testimonianza ricca di dettagli che però Stork si guardò bene dal ripetere in seguito ai magistrati italiani. «Ci hanno detto che dovevamo uccidere degli italiani, considerati traditori. I corpi sono stati ammassati in un enorme mucchio uno sopra l’altro, li abbiamo perquisiti togliendo gli orologi, nelle tasche abbiamo trovato delle fotografie di donne e bambini, bei bambini» aveva detto nella sua prima e ultima testimonianza sull’accaduto.

60 ergastoli mai eseguiti

Sono stati 60 gli ergastoli inflitti dalla magistratura militare italiana dopo la scoperta, nel ’94, del cosiddetto “Armadio della vergogna”, dove centinaia di fascicoli di stragi nazi-fasciste erano stati occultati nel 1960. Ma di fatto nessuno è stato eseguito, perché le richieste di estradizione o di esecuzione della pena nei Paesi dei condannati sono sempre cadute nel vuoto. «C’è da un lato l’amarezza di non aver visto concluso il lungo, difficile, tormentato percorso giudiziario» continua De Paolis, «dall’altro in dieci anni, dal 2003 al 2013, le oltre 500 indagini, 17 processi, 57 condanne all’ergastolo in primo grado (molte passate, inutilmente, ahimé, in giudicato) restano certamente a dire qualcosa. Una piccola luce per le vittime, i sopravvissuti, i familiari».

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