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International Women’s Week, parla Alice Coffin: «La Francia fa finalmente i conti con gli abusi in famiglia»

7 storie di donne provenienti da diversi Paesi europei per raccontare gli ostacoli e le sfide di chi donna ci è nata o ci è diventata. Il progetto di Open continua in Francia con la testimonianza dell'autrice e attivista finita sotto scorta per le sue idee

Autrice, giornalista, militante femminista e politica, Alice Coffin lavora come consigliera al Comune di Parigi, non senza qualche controversia. Innanzitutto perché condivide un ufficio con Christophe Girard, ex vicesindaco di Parigi a capo della cultura per il comune della capitale francese, di cui ha più volte chiesto pubblicamente le dimissioni per aver sostenuto a lungo lo scrittore accusato di pedofilia Gabriel Matzneff. Ma in Italia Coffin ha fatto discutere soprattutto per un suo libro, Le Génie lesbien, pubblicato nel 2020 e criticato perché utilizza un linguaggio per certi versi ostile nei confronti degli uomini e invita a non leggere più autori maschili e a non vederne più i film.

Oggi una Alice Coffin sorridente e affabile dice che quelle frasi sono state prese fuori contesto. «Per trent’anni ho letto libri scritti da uomini e visto film fatti da registi uomini. Semplicemente, per un periodo, vorrei focalizzarmi soltanto sulle donne per avere tutti i punti di vista. Non è un’idea particolarmente originale, lo diceva anche Virginia Woolf…». Una discriminazione al contrario che rischia di nuocere alla meritocrazia e privare la società delle migliori competenze e talenti? Coffin non arretra: «La discriminazione esiste, ma è a favore degli uomini. In Francia nella quinta repubblica abbiamo avuto 23 premier di cui 22 sono stati uomini. Volete dirmi che 22 volte su 23 non c’erano donne all’altezza del ruolo?».

Quando non scrive o non lavora al comune, Coffin fa parte del gruppo di azione femminista La Barbe le cui componenti si divertono a fare “irruzione” negli eventi di soli uomini armate di finte barbe e di slogan sarcastici come «lunga vita al patriarcato». È Coffin a fornire una chiave di lettura rispetto a quali siano gli obiettivi del femminismo di quarta generazione, ormai lontano diverse decadi da quello di Woolf. «Negli anni ’70 i movimenti femministi si occupavano soprattutto della liberazione del corpo – “il mio corpo, la mia scelta” – racconta -. Negli ultimi anni invece l’enfasi è stata sull’emancipazione della mente, dell’immaginazione. Non credo sia un caso che sia partito dal cinema».

Dal #MeToo al #MeTooInceste

Si tratta di un riferimento al produttore hollywoodiano Harvey Weinstein, condannato per gli stupri e le violenze sessuali denunciate da decine di donne. Dal 2017 anche in Francia ci sono state denunce e proteste, ma la svolta è arrivata nel gennaio del 2020 con la pubblicazione del romanzo di Vanessa Springora, Il Consenso, in cui raccontava della relazione sessuale avuta con lo scrittore Matzneff quando lei aveva 14 anni e lui 50: una relazione illecita visto che in Francia è vietato avere rapporti sessuali con minori di 15 anni.

EPA/JULIEN DE ROSA | Vanessa Springora, 17 settembre 2020

Da quel momento si sono susseguiti una serie di scandali e di denunce. Durante i César, gli Oscar francesi, nel 2020 l’attrice Adèle Haenel, che in passato aveva accusato il regista Christophe Ruggia di averla aggredita ripetutamente dall’età di 12 anni, ha abbandonato la cerimonia quando la giuria ha deciso di premiare Roman Polanski, noto regista condannato per aver stuprato una ragazza di 13 anni. Poi sono arrivate le denunce nel mondo della musica e del teatro, che si sono estese a quelle della politica – il ministro dell’interno di Macron, Gerard Darmanin, è stato accusato di stupro da una donna in un caso che risale al 2009 – e anche dell’università. Anche questa volta a fare la differenza è stato libro: La Familia Grande di Camille Kouchner, in cui l’autrice accusa il suo patrigno, il noto scienziato politico Olivier Duhamel, di aver abusato di suo fratello dall’età di 14 anni.

«Visto che in Francia abbiamo una cultura ancora molto letteraria, le prese di posizione da parte del mondo dell’editoria hanno tuttora un grande peso – commenta Coffin -. Hanno cominciato a farlo con Springora, lo hanno fatto con Kouchner e anche per certi versi con il mio libro, che è stato pubblicato dalla stessa casa editrice di Springora, Grasset. Lo stesso vale anche per i media: erano gli editori dei giornali che in un primo momento impedivano al movimento MeToo di sbocciare, che non fornivano tempo e soldi ai giornalisti – spesso donne – per portare avanti le loro inchieste su casi del genere. Ma con il tempo anche gli editori hanno capito che questo genere di informazione vende e fa bene non soltanto al giornalismo, ma ai giornali».

Alle accuse questa volta sono seguite le dimissioni: prima di Duhamel, poi di Frédéric Mion, presidente dell’università Sciences Po. Sui social media con l’hashtag #MeTooInceste invece sono piovute confessioni, dichiarazioni anonime e denunce circostanziate di altri casi di abusi incestuosi, come quello del produttore televisivo Gérard Louvin’s, accusato pubblicamente dal proprio nipote. Come ricorda Coffin, a essere denunciati sono stati uomini potenti e autorevoli che per la prima volta hanno cominciato a tremare.

ANSA/YOUTUBE | Camille Kouchner, 20 gennaio 2021

Il caso Girard e le minacce a Coffin

È in questo contesto che va inserita l’esperienza di Coffin. «Il caso di Matzneff e di Girard è iniziato a gennaio-febbraio del 2020, quando il New York Times ha pubblicato un’inchiesta in cui si rivelava il legame tra i due: non è un caso che sia stato un giornale straniero a denunciare il fatto – racconta -. All’epoca io facevo campagna elettorale per i Verdi a Parigi e incontrando Hidalgo [Anna Hidalgo, attuale sindaca di Parigi ndr] le dissi chiaramente che mi sembrava assurdo che Girard potesse rimanere al suo posto. Ma non hanno fatto nulla. Quindi, una volta eletta, ho manifestato pubblicamente il mio dissenso. Soltanto a quel punto e con una nuova inchiesta del New York Times sulle presunte violenze commesse dallo stesso Girard ai danni di un uomo più giovane, Girard si è dimesso dalla posizione di vicesindaco, anche se rimane al Comune come consigliere».

Il giorno delle dimissioni i funzionari del Comune hanno applaudito Girard per mostrare la loro solidarietà. Per Coffin, invece, iniziava una fase ancora più dura. «Migliaia di messaggi, lettere anonime, minacce di morte di stupro. Ho ricevuto attacchi persino da professori universitari che mi hanno scritto identificandosi con nome e cognome. Sono stata costretta ad avere la scorta quest’estate e tutt’ora vado regolarmente in Questura per denunciare. Molti di questi messaggi sono lesbofobici, perché mi attaccano in quanto donna lesbica, ma credo che sia il risultato sia della mia presa di posizione al Comune, sia del libro che ho pubblicato».

In alcuni casi, come quello di Girard, si tratta di persone che non sono ancora andate a processo, di denunce che non hanno portato a un condanna in sede giudiziaria, almeno per il momento. Non si tratta di cancel culture, quell’insieme di comportamenti che hanno come obiettivo l’allontanamento dall’ambiente lavorativo e dalla scena culturale di personaggi accusati di comportamenti immorali, come le aggressioni sessuali? «Se ne parla anche in riferimento al mio libro – commenta Coffin -. Ma faccio notare che alla fine sono io ad aver perso un lavoro – non chi mi critica».

Quest’estate Coffin ha anche perso un lavoro come docente presso l’Università cattolica di Parigi, dove lavorava da 8 anni causa. Eppure, nonostante le vicende personali, è ottimista per la Francia: «Sento che stiamo vivendo quello che gli Stati Uniti hanno vissuto tre anni fa – ci dice -. Credo sia in atto un cambiamento radicale. Prendiamo il caso di Polanski per esempio: a novembre l’accademia dei César lo ha espulso dalla stessa istituzione che lo aveva premiato qualche mese prima. Sempre a novembre Le Monde apriva con un titolo forte in prima pagina che riportava come nel 96% dei casi siano gli uomini a commettere l’incesto».

Dal punto di vista di Coffin il “ritardo”, se così si può dire, è imputabile al mondo della cultura francese, più chiuso rispetto ad altri settori e altri Paesi, più ancorato alle proprie tradizioni. «All’inizio Le Monde dava voce a chi rivendicava la libertà di importunare – aggiunge Coffin -. È l’establishment che si protegge da solo: sono istituzioni molto grandi e potenti che resistono al cambiamento. L’importante è avere alleati al loro interno».

Video di OPEN | Illustrazione di Sonia Cucculelli

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