Amazon, oggi il primo sciopero dei lavoratori: «Chiediamo più tutele e ritmi di lavoro sostenibili»

Coinvolti fino a 40 mila dipendenti italiani: «Con la pandemia di Coronavirus la nostra situazione è peggiorata». Ecco i motivi della protesta (e la versione della multinazionale)

È il primo sciopero organizzato dei lavoratori di tutta la filiera di Amazon. Oggi, 22 marzo, i dipendenti che compongono la filiera del colosso americano – dai magazzinieri ai lavoratori del centro smistamento, fino gli impiegati nei trasporti – si uniranno per chiedere maggiori diritti e tutele. In tutto, la manifestazione dovrebbe arrivare a coinvolgere circa 40 mila lavoratori tra i dipendenti dei magazzini di Amazon Italia Logistica, quelli di Amazon Transport Italia e i dipendenti delle ditte in subappalto che prestano servizio alla multinazionale. Oltre all’astensione dal lavoro – e quindi allo stop delle consegne – sono previsti dei presidi davanti ai magazzini più importanti. Chiunque voglia solidarizzare con i lavoratori in sciopero può aderire alla campagna #Noncomprareonline, astenendosi dal fare ordini su Amazon per tutta la giornata.


I motivi della protesta

Come scritto nei comunicati, tra i motivi alla base dello sciopero – proclamato lo scorso 11 marzo dai sindacati confederali dei trasporti, Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – ci sono i carichi e i ritmi di lavoro imposti ai dipendenti. I lavoratori chiedono anche una contrattazione migliore dei turni di lavoro, nonché la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato e dei lavoratori interinali. In ultimo – ma non meno importante vista anche la situazione pandemica – i dipendenti e i sindacati chiedono che siano rispettate le normative sulla salute e sulla sicurezza. Dito puntato anche contro l’algoritmo, che vigila sulle consegne e che – dicono i dipendenti – tiene i lavoratori sotto pressione costante.


La replica di Amazon

Amazon, da parte sua, si è difesa sostenendo che «i nostri dipendenti e i corrieri assunti dalle imprese terze che effettuano i servizi di consegna ricevono entrambi salari competitivi». A proposito dei carichi di lavoro, «il numero di pacchi da consegnare è assegnato in maniera appropriata e si basa sulla densità delle aree di consegna (normalmente i corrieri effettuano più consegne per ciascuna fermata), sulle ore di lavoro, sulla distanza da percorrere. Amazon assegna i percorsi ai fornitori di servizi di consegna che a loro volta li assegnano ai loro corrieri in base al loro orario di lavoro».

«Fino a 190 consegne al giorno»

La multinazionale è stata il colosso mondiale che più ha guadagnato durante la pandemia (si parla di un +60% rispetto al 2019). Nonostante le sue repliche, però, sono tante le testimonianze che in questi anni sono arrivate sui ritmi e sulle condizioni inadeguate di lavoro. L’ultima voce è stata raccolta da la Repubblica Torino, città in cui si trova uno dei più importanti hub di Amazon. «Con il lockdown la mole di lavoro è cresciuta in modo esponenziale e arriviamo anche a 190 consegne al giorno, senza pausa per mangiare o posti per andare in bagno», ha raccontato Nicola, corriere piemontese di 45 anni.

Immagine di copertina: EPA/YOAN VALAT

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