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Il professore italiano che sul blog di Beppe Grillo nega il genocidio degli Uiguri (con l’appoggio di Di Battista)

In un articolo di critica alle posizioni di Bruxelles e Washington contro la Cina, Fabio Parenti smentisce che nello Xinjiang la minoranza sia torturata e discriminata

Mentre l’Unione europea sanziona la Cina per le violazioni dei diritti umani contro gli Uiguri, gli Stati Uniti riconoscono la repressione contro la minoranza turcofona come un genocidio, e il Regno Unito si muove per multare le aziende che fanno uso del lavoro forzato uiguro, un intervento sul blog di Beppe Grillo nega l’esistenza di qualsiasi tipo di repressione contro la minoranza. In un articolo dal titolo Un Maccartismo disastroso. Usa e EU hanno perso la ragione?, condiviso da Beppe Grillo anche sulla sua pagina Facebook, il professore italiano Fabio Massimo Parenti parla delle violenti torture e abusi come di accuse che si basano su «fonti» inaffidabili e «dati» inverificabili. Fatti, non verificati, come quelli dei milioni di bambini strappati ai genitori e rinchiusi in orfanotrofi. Una politica senza confini che ha colpito anche una coppia di uiguri residenti in Italia. I figli si trovano tutt’ora detenuti in un orfanotrofio cinese.

L’occidente contro la Belt and Road

Fabio Parenti, Foreign Associate Professor di Economia Politica Internazionale alla China Foreign Affairs University di Pechino, sostiene inoltre che le accuse lanciate dall’occidente siano frutto di un piano per «bloccare lo sviluppo della Cina e la sua rinnovata influenza internazionale». In particolare, visto la posizione strategica dello Xinjinag sulla Belt and Road, visto che tre corridoi terrestri della BRI hanno origine proprio in quella Regione, l’obiettivo delle potenze occidentali sarebbe quello di indebolire la Cina. Per sostenere la sua tesi, Parenti ricorda inoltre come molti Paesi a maggioranza musulmana abbiano appoggiato le politiche adottate nello Xinjiang. Una decisione che secondo il professore conferma che la repressione contro le pratiche dell’Islam non sia in realtà veritiera. Anzi, i paesi a maggioranza musulmana, come Arabia Saudita, Pakistan, Malesia, sono tra quelli che più hanno beneficiato dalla partnership economica con la Cina proprio sulla nuova via della Seta.

Di Battista: «Analisi lucida e controcorrente»

Ad appoggiare la tesi di Parenti è arrivato poi anche un ex del m5S, Alessandro di Battista, che sotto al post di Grillo ha parlato dell’articolo come di «un’analisi lucida e particolarmente controcorrente». Per il pentastellato andare controcorrente significa quindi negare le migliaia di violazioni dei diritti umani documentate nei campi dello Xinjiang. Dagli stupri agli aborti forzati. Campi che, sempre per Parenti, in un articolo apparso alla fine del 2019, costituirebbero semplicemente dei «centri d’istruzione e formazione professionale».

Il sistema di sorveglianza

Attorno a questi centri però, la Cina ha installato un sistema di sorveglianza che permette di monitorare i movimenti della minoranza 24 ore su 24. Tutto, anche condividere parole dal Corano può essere considerato un atto di terrorismo. Negli ultimi mesi, il governo cinese, grazie all’aiuto di Huawei, avrebbe sviluppato una tecnologia di riconoscimento facciale per individuare gli Uiguri. In questo modo Pechino potrebbe riconoscere membri della minoranza in tutta la Cina e ampliare il suo regime di sorveglianza. Secondo documenti ottenuti a dicembre dal Washington Post, l’azienda di telefonia cinese avrebbe lavorato con la start-up di riconoscimento facciale Megvii per testare un sistema di telecamere di intelligenza artificiale in grado di scansionare i volti in una folla e stimare l’età, il sesso e l’etnia di ogni persona.

Il M5S diviso sulla Cina

Insomma, mentre al Parlamento europeo, il vicepresidente pentastellato, Fabio Castaldo – subito dopo il braccio di ferro tra Pechino e Bruxelles sulle sanzioni – ha ribadito come gli Uiguri sono vittime di una pesantissima repressione da parte delle autorità cinesi, in Italia il garante del Movimento sembra confuso sulla direzione da prendere. Certo è che l’arrivo di Mario Draghi e il ritorno a una politica estera che guarda più a ovest, che a est, deve essere stato un cortocircuito non da poco per un Movimento che fino a pochi mesi prima si era espresso fervidamente a favore della Cina negando per mesi la presenza di una repressione a Hong Kong.

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