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La violenza sessuale tra i giovani, parla lo psicologo: «Alcuni non pensano neanche di aver commesso un reato» – L’intervista

28 Aprile 2021 - 07:35 Giulia Marchina
Angelo Zappalà, psicologo e criminologo specializzato in strumenti per la valutazione degli interessi sessuali devianti, spiega il ruolo della cultura e del gruppo nei casi di stupro

Cosa spinge un giovane uomo a stuprare una donna? Qualcosa scatta nella sua mente o quel gesto è frutto di un’educazione sbagliata? Il caso del video pubblicato da Beppe Grillo mentre cerca di difendere il figlio Ciro implicato in un’inchiesta – insieme ad altri tre amici – per un presunto stupro risalente all’estate 2019 ha riportato alla ribalta il tema della violenza sessuale. Per lo psicologo Angelo Zappalà, l’educazione impartita dalla famiglia «ha un peso parziale, ma non è tutto». Zappalà è anche criminologo clinico, specializzato in strumenti per la valutazione degli interessi sessuali devianti, risk assessment, investigazione nei casi di presunto abuso sessuale, genetica del comportamento. Coordina il gruppo di lavoro dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte e della valle d’Aosta e la Divisione di psicologia investigativa.

FESTIVAL DELLA CRIMINOLOGIA | Lo psicologo Angelo Zappalà

Zappalà, per lei esiste un identikit tipo dello stupratore?

«No, per nulla. Non esiste il profilo medio di chi abusa sessualmente di qualcuno. Al reato sessuale compiuto da maschi etero maggiorenni su femmine etero maggiorenni si può arrivare perché il soggetto è caratterizzato da comportamenti antisociali, o da interessi sessuali deviati. Senza contare che moltissimi degli uomini che violentano donne lo fanno magari una volta nella vita, quindi non sono stupratori seriali».

L’educazione impartita dalla famiglia, il retaggio culturale hanno un ruolo forte in tutto questo?

«Per spiegare comportamenti di questo genere l’educazione c’entra parzialmente, ma non è tutto. C’entra molto nella misura in cui cresci in una famiglia con una cultura patriarcale maschilista radicatissima».

Ad esempio?

«In una famiglia in cui il marito maltratta la moglie e dove quindi si trasmette la figura dell'”uomo che non deve chiedere mai”. Quello è un carburante verso quel tipo di reati. Lo stesso può avvenire se pensi che le donne siano oggetti sessuali. Questo tipo di base culturale può agevolare episodi di violenza sessuale. Ci sono persone che amano il sesso solo se coercitivo».

Utilizziamo l’esempio fornito dalla stampa che in questi giorni ha raccontato del caso Grillo e del presunto stupro di gruppo ai danni di una potenziale vittima giovanissima. Qual è il meccanismo che può scattare in un ragazzo di 20 anni per compiere un simile gesto?

«Partiamo dal presupposto che la scena che sto per descrivere si potrebbe verificare anche quando si tratti di sesso consenziente. Se parliamo di un ipotetico gruppo di ragazzi, magari alticci, che in una discoteca incontrano una ragazza, anche lei magari alticcia, la teoria implicita che può scattare è: “Siamo tutti un po’ ubriachi, magari stasera riusciamo a rimediare del sesso”».

Pensa si sia agevolati quando si è in gruppo?

«Assolutamente sì, ci si sente ancora più potenti. Quando gli uomini sono in gruppo, si innesca una forma di concorrenza animalesca: una lotta all’ultimo sangue per conquistare la femmina».

Quando quella fame non incontra il consenso, qual è il salto mentale che un uomo fa per arrivare a stuprare una donna?

«Per spiegarlo non starei a scomodare il crimine o la malattia mentale. Parliamo di ragazzi normali, senza devianze. Ma ci sono due problemi di fondo. Il primo è che se io conosco una ragazza ed è ubriaca, non devo farci sesso perché c’è il vizio del consenso: ovvero lei non è in grado di prendere una decisione critica. Il secondo problema deriva dall’escalation del corteggiamento che può spingersi oltre i limiti».

Cioè?

«Sappiamo bene che nella vita normale quando i maschi vogliono avere rapporti con una donna, c’è un progresso nel corteggiamento. Prima di arrivare al rapporto sessuale di solito ci sono baci, carezze, toccamenti. Non è detto che però la donna, alla fine, dica di sì. Di qui la grande frustrazione dell’uomo per non essere riuscito ad ottenere ciò che voleva».

Un comportamento simile è giustificabile con la frustrazione? Non è semplicistico?

«Per andare più a fondo bisognerebbe conoscere la vita di ognuno, nei minimi particolari. Non bisogna pensare che si debba essere dei mostri per fare una cosa del genere. E penso che in quel caso (il presunto stupro della giovane donna per mano di Ciro Grillo e di suoi tre amici, ndr) fossero convinti che non stessero nemmeno commettendo un reato».

Secondo lei esiste una cultura dello stupro in Italia particolarmente radicata rispetto ad esempio ad altri paesi d’Europa?

«Si è sempre stuprato in qualunque Paese, in qualunque epoca. L’area geografica non fa la differenza».

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