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La pandemia poteva essere evitata, l’inchiesta indipendente: «Cocktail tossico di ritardi e negazioni da Cina e Oms»

12 Maggio 2021 - 13:05 Fabio Giuffrida
Un "cocktail tossico" fatto di negazione, scelte sbagliate e mancanza di coordinamento che ha fatto precipitare il mondo in una pandemia che «avrebbe potuto essere evitata»

La pandemia del Coronavirus poteva essere «evitata». Un’affermazione forte, fortissima, che arriva da un gruppo di esperti indipendenti istituito dal direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus per esaminare le misure adottate dall’agenzia e dagli stati contro il virus che ha messo tutti in ginocchio. Si è trattato di un vero e proprio “cocktail tossico” fatto di negazione (alcuni Paesi avrebbero «svalutato e smontato» la scienza negando la gravità del virus, comportamento che «ha avuto conseguenze mortali»), scelte sbagliate e mancanza di coordinamento che ha fatto precipitare il mondo in una pandemia che «avrebbe potuto essere evitata» e che, dunque, non avrebbe dovuto comportare un numero così alto di vittime. La colpa, però, non può essere attribuita a un singolo Paese. Anzi.

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Cosa è successo

«Ci sono stati ritardi evidenti in Cina ma ci sono stati ritardi ovunque», ha detto l’ex primo ministro neozelandese Helen Clark, co-presidente del gruppo di esperti indipendenti. Il rapporto sostiene che i cinesi avrebbero rilevato prontamente il nuovo virus quando è emerso alla fine del 2019 fornendo avvertimenti che, però, nessuno avrebbe ascoltato. Per quanto riguarda le responsabilità dell’Oms «è passato troppo tempo», continuano gli esperti, tra la notifica di un focolaio di polmonite sconosciuta a metà dicembre 2019 e la dichiarazione il 30 gennaio dell’emergenza sanitaria. Ma anche nel caso in cui si fosse agito una settimana prima, le cose non sarebbero di certo cambiate di fronte «all’inazione di così tanti Paesi».

L’emergenza sanitaria – spiegano – poteva essere dichiarata entro il 22 gennaio, anziché il 30 gennaio. Si poteva “giocare” d’anticipo. «L’Oms è stata ostacolata e non aiutata dalle norme e dalle procedure sanitarie internazionali», ha detto Clark. L’Organizzazione mondiale della Sanità, infatti, nel dichiarare un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale, si è dovuta attenere a un regolamento del 2007 che l’avrebbe vincolata alla «riservatezza e alla verifica», allungando di molto i tempi e dunque rendendo l’azione intempestiva.

La preparazione dei Paesi, in tutto il mondo, sarebbe stata di fatto «incoerente e sottofinanziata, il sistema di allerta troppo lento». Clark ha descritto il mese di febbraio 2020 come «un mese di opportunità perse per scongiurare una pandemia con tanti Paesi che hanno scelto di aspettare e vedere». «Alcuni hanno intrapreso ulteriori azioni solo quando i letti di terapia intensiva dell’ospedale hanno iniziato a riempirsi. E a quel punto era troppo tardi per evitare l’impatto della pandemia», ha detto. Ecco perché, adesso, è necessario intraprendere un’azione urgente: «Abbiamo esperienze di precedenti crisi sanitarie che includono raccomandazioni sensate. Eppure, siedono a raccogliere polvere negli scantinati delle Nazioni Unite e sugli scaffali del governo. Il nostro rapporto mostra che la maggior parte dei Paesi del mondo semplicemente non erano preparati per una pandemia».

Cosa chiedono

Il rapporto raccomanda la creazione di un Consiglio per le minacce alla salute globale, guidato da capi di Stato; una sessione speciale dell’assemblea generale delle Nazioni Unite entro la fine dell’anno; maggiori poteri per un cambiamento radicale dell’Oms; distribuzione di vaccini ai Paesi con basso e medio reddito. Il rapporto, comunque, si dice «profondamente preoccupato e allarmato» per gli attuali alti tassi di trasmissione del virus e per l’emergere di varianti. «Ogni paese, adesso, deve prendere le misure necessarie per frenare la diffusione», conclude.

Foto in copertina di repertorio: EPA

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