Rioccupazione, espansione e solidarietà: le (deboli) misure sul lavoro nel Decreto Sostegni bis

La strategia occupazionale del Governo passa attraverso tre istituti destinati a incidere poco sul mercato del lavoro.

Il decreto Sostegni bis, appena varato dal Governo, contiene un corposo pacchetto di misure sul lavoro, che nelle intenzioni dell’esecutivo dovrebbero aiutare il sistema economico e produttivo ad attenuare la crisi occupazionale che, con tutta probabilità, verrà a crearsi con la fine del divieto di licenziamento. Questo piano ruota intorno a tre istituti: il contratto di rioccupazione, il contratto di espansione e il contratto di solidarietà. Un piano che non sembra destinato a incidere in profondità nelle scelte delle imprese, in quanto si compone di istituti la cui convenienza è tutta da verificare (il contratto di rioccupazione) o che già esistono nel mercato del lavoro (il contratto di espansione e il trattamento di solidarietà) e servono a fronteggiare solo alcune specifiche situazioni.


Il contratto di rioccupazione

È la grande novità del decreto: i datori di lavoro pagano meno contributi se fanno svolgere ai neo-assunti un percorso di adeguamento delle competenze. Il contratto di rioccupazione si potrà stipulare solo fino al 31 ottobre 2021, e consiste – si legge nel decreto – in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato diretto a incentivare l’inserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori che siano in stato di disoccupazione. L’elemento caratteristico del contratto è la definizione, con il consenso del lavoratore, di un progetto individuale di inserimento, finalizzato a garantire l’adeguamento delle competenze professionali al nuovo contesto lavorativo. Insomma, non si tratta di un vero percorso formativo ma di un “addestramento” del neo assunto.


Il progetto individuale di inserimento ha una durata di sei mesi, e alla fine di questo periodo le parti possono recedere liberamente dal contratto. Se nessuna delle parti recede il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Una sorta di lungo periodo di prova, assistito da un incentivo economico: per un periodo massimo di sei mesi, è riconosciuto l’esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi Inail. C’è tuttavia un limite: l’esonero non può superare il valore massimo di 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile. Questo incentivo deve essere restituito, tuttavia, se al termine del periodo di inserimento il datore di lavoro provvede al licenziamento collettivo o individuale per giustificato motivo oggettivo di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con lo stesso livello e categoria legale di inquadramento del lavoratore assunto con il contratto di rioccupazione.

L’incentivo, inoltre, è cumulabile, per il periodo di durata del rapporto successiva ai sei mesi, con gli altri esoneri contributivi previsti dalla legislazione vigente. Questo meccanismo sembra una riedizione di formule contrattuali già sperimentate, in maniera più estesa e duratura, in passato: in particolare, ricorda, in versione molto ridotta (e meno conveniente), il vecchio contratto di formazione e lavoro e anche il contratto di inserimento introdotto dalla legge Biagi. Sembra difficile ipotizzare che tale strumento possa, da solo, avere un reale impatto nelle scelte occupazionali delle imprese: la durata dell’esonero contributivo è molto ridotta rispetto al passato (si pensi che il Jobs Act riconosceva 3 anni di esonero, con valori molto più alti), riducendosi a poche centinaia di euro al mese, da restituire in caso di mancata prosecuzione del rapporto.

Contratto di espansione

La seconda novità del Decreto Sostegni bis consiste nell’allargamento alle imprese che superano i 100 lavoratori della possibilità di utilizzare il “contratto di espansione”, una misura volta ad agevolare il ricambio occupazionale nelle imprese. Il “contratto di espansione” è stato introdotto dalla legge di bilancio per il 2021 e consiste in un accordo sindacale che consente ai lavoratori che si trovano a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia, e che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, la possibilità di accedere a un’indennità mensile proporzionata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro. I lavoratori che vogliono aderire firmano un accordo di uscita volontaria dal lavoro, e l’azienda si impegna a programmare nuove assunzioni.

Contratto di solidarietà

La terza novità del Decreto Sostegni bis consiste nel potenziamento del Contratto di solidarietà, un istituto di lunga tradizione nel nostro sistema di ammortizzatori sociali. Secondo il Decreto, i datori di lavoro privati che nel primo semestre dell’anno 2021 hanno subito un calo del fatturato del 50 per cento rispetto al primo semestre dell’anno 2019, possono presentare, previa stipula di accordi collettivi aziendali che prevedono la riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori e la salvaguardia dei livelli occupazionali, domanda di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga. 

Il trattamento di integrazione salariale copre, in misura pari al 70%, le ore di lavoro non svolte, per una durata massima di 26 settimane nel periodo tra la data di entrata in vigore del decreto e il 31 dicembre 2021. La riduzione media oraria non può essere superiore all’80 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo.  Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo è stipulato.  In questo modo, viene potenziato un istituto che esiste da molti anni nel sistema degli ammortizzatori sociali.

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